Closed Curtain
Pardé
Durata
106
Formato
Regista
Un uomo (Kambuzia Partovi) è nascosto in una grande casa dove sta scrivendo una sceneggiatura. Improvvisamente appaiono due personaggi che si rifiutano di uscire dall'abitazione, nonostante le insistenze dello scrittore.
È il secondo film girato da Jafar Panahi in semiclandestinità dopo This Is Not a Film (2011). Per aver protestato contro il regime del suo paese, a Panahi venne infatti vietato di girare film per vent'anni, e questa pellicola riflette la condizione (gli arresti domiciliari) in cui il cineasta si è trovato costretto a vivere e a lavorare. Insieme al suo assistente Kambuzia Partovi, co-regista e protagonista dell'operazione, ha dato vita a un lungometraggio povero di mezzi ma ricco d'idee, capace di affascinare e di regalare una serie di suggestioni non banali allo spettatore. Il riferimento principale è il teatro dell'assurdo di Samuel Beckett, tanto nei dialoghi quanto nelle situazioni narrative, ma è anche un film in grado di giocare col linguaggio cinematografico, ribaltando le aspettative del pubblico e abbattendo le barriere che separano la realtà dalla finzione. Pur con i suoi evidenti limiti, Closed Curtain (le “tende chiuse” aiutano il protagonista a nascondersi da occhi indiscreti) colpisce ed emoziona, soprattutto nella seconda parte quando è lo stesso Panahi a comparire di fronte alla macchina da presa. L'autore recita e si confessa, fa procedere la narrazione e la interrompe dichiarandosi speranzoso di un cambiamento che potrebbe non arrivare mai. Il momento in cui guarda nostalgicamente le locandine dei suoi vecchi film come fossero fantasmi di una vita precedente è da pelle d'oca. Vincitore del premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Berlino 2013.
È il secondo film girato da Jafar Panahi in semiclandestinità dopo This Is Not a Film (2011). Per aver protestato contro il regime del suo paese, a Panahi venne infatti vietato di girare film per vent'anni, e questa pellicola riflette la condizione (gli arresti domiciliari) in cui il cineasta si è trovato costretto a vivere e a lavorare. Insieme al suo assistente Kambuzia Partovi, co-regista e protagonista dell'operazione, ha dato vita a un lungometraggio povero di mezzi ma ricco d'idee, capace di affascinare e di regalare una serie di suggestioni non banali allo spettatore. Il riferimento principale è il teatro dell'assurdo di Samuel Beckett, tanto nei dialoghi quanto nelle situazioni narrative, ma è anche un film in grado di giocare col linguaggio cinematografico, ribaltando le aspettative del pubblico e abbattendo le barriere che separano la realtà dalla finzione. Pur con i suoi evidenti limiti, Closed Curtain (le “tende chiuse” aiutano il protagonista a nascondersi da occhi indiscreti) colpisce ed emoziona, soprattutto nella seconda parte quando è lo stesso Panahi a comparire di fronte alla macchina da presa. L'autore recita e si confessa, fa procedere la narrazione e la interrompe dichiarandosi speranzoso di un cambiamento che potrebbe non arrivare mai. Il momento in cui guarda nostalgicamente le locandine dei suoi vecchi film come fossero fantasmi di una vita precedente è da pelle d'oca. Vincitore del premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Berlino 2013.