Una donna nel lago
Lady in the Lake
Durata
105
Formato
Regista
Il detective privato Philip Marlowe (Robert Montgomery) indaga sulla scomparsa della signora Kingsby, moglie di un editore e amante di Chris Lavery, un playboy da quattro soldi. Marlowe è stato contattato da Adrienne Fromsett (Audrey Totter), direttrice editoriale e aspirante amante del suo capo, che finirà per innamorarsi di lui. Tutti gli indizi fanno pensare a un rapimento, ma le ricerche dell'investigatore saranno ostacolate dalla polizia.
Tratto dall'omonimo romanzo di Raymond Chandler, il film è celeberrimo per essere stato girato quasi interamente in soggettiva. Il punto di vista di Marlowe è dunque il punto di vista dello spettatore e l'investigatore privato non si vede mai se non nel prologo, nell'intermezzo, nell'epilogo e saltuariamente riflesso in specchi. Operazione interessante e coraggiosa in cui si cerca l'immedesimazione pressoché totale tra il racconto cinematografico e il suo fruitore, mostrando solo quello che il protagonista effettivamente vede, ricostruendo con lui i pezzi dell'intricato puzzle investigativo e vivendo i suoi turbamenti emotivi e fisici, come mostra l'uso di lenti sfocate o mascherini per restituire il senso di disorientamento di Marlowe dopo una botta in testa o prima della perdita di sensi. Il risultato può sembrare meccanico, a volte, ma rimane suggestivo e straniante, nonché un caso sostanzialmente unico nella storia del cinema: un espediente simile è alla base del contemporaneo La fuga (1947) di Delmer Davis, uscito qualche mese dopo, la cui prima parte è in soggettiva come in questo caso, salvo poi rivelare il volto del protagonista, Humprey Bogart. L'attore Robert Montgomery è qui al suo esordio dietro la macchina da presa.
Tratto dall'omonimo romanzo di Raymond Chandler, il film è celeberrimo per essere stato girato quasi interamente in soggettiva. Il punto di vista di Marlowe è dunque il punto di vista dello spettatore e l'investigatore privato non si vede mai se non nel prologo, nell'intermezzo, nell'epilogo e saltuariamente riflesso in specchi. Operazione interessante e coraggiosa in cui si cerca l'immedesimazione pressoché totale tra il racconto cinematografico e il suo fruitore, mostrando solo quello che il protagonista effettivamente vede, ricostruendo con lui i pezzi dell'intricato puzzle investigativo e vivendo i suoi turbamenti emotivi e fisici, come mostra l'uso di lenti sfocate o mascherini per restituire il senso di disorientamento di Marlowe dopo una botta in testa o prima della perdita di sensi. Il risultato può sembrare meccanico, a volte, ma rimane suggestivo e straniante, nonché un caso sostanzialmente unico nella storia del cinema: un espediente simile è alla base del contemporaneo La fuga (1947) di Delmer Davis, uscito qualche mese dopo, la cui prima parte è in soggettiva come in questo caso, salvo poi rivelare il volto del protagonista, Humprey Bogart. L'attore Robert Montgomery è qui al suo esordio dietro la macchina da presa.