The Forbidden Room
The Forbidden Room
Durata
130
Formato
Regista
Storie dentro altre storie: da un sottomarino bloccato in fondo all'oceano a un'isola misteriosa, passando per il ricordo di un paio di baffi e per un marito (Mathieu Amalric) che dimentica il compleanno di sua moglie.
È un gioco di scatole cinesi quello messo in scena dal canadese Guy Maddin insieme al suo assistente Evan Johnson. Una narrazione che porta con sé altre (infinite) narrazioni, dotate di vita propria. Si tratta dell'ennesimo omaggio al cinema muto realizzato dall'autore canadese (Dracula: Pages From a Virgin's Diary del 2002), che ne riprende stilemi e caratteristiche: dall'uso dei mascherini alla sovraimpressione, fino alle scelte dei colori e all'uso di didascalie per presentare i personaggi. Si tratta di un viaggio un po' folle che ha come riferimento quelle pellicole perdute e andate disperse, di cui Maddin riprende i differenti stili, alternandoli di volta in volta. La forbidden room (la “stanza proibita”) altro non è che l'inconscio della settima arte, un luogo di fantasmi che non hanno mai trovato (fino a questo momento) uno spazio sul grande schermo. Alla lunga il gioco può stancare (i 130 minuti di durata sono davvero troppi), ma le suggestioni sono innumerevoli e, preso dal verso giusto, è un film pronto a trasformarsi in una folgorante esperienza di visione. Un vero e proprio bombardamento audiovisivo, anarchico e psichedelico, capace di far divertire e di emozionare al tempo stesso, a patto che ne si accettino le (non) regole. Uno dei rari casi nel cinema del nuovo millennio, in cui la parola “sperimentale” non è usata a caso.
È un gioco di scatole cinesi quello messo in scena dal canadese Guy Maddin insieme al suo assistente Evan Johnson. Una narrazione che porta con sé altre (infinite) narrazioni, dotate di vita propria. Si tratta dell'ennesimo omaggio al cinema muto realizzato dall'autore canadese (Dracula: Pages From a Virgin's Diary del 2002), che ne riprende stilemi e caratteristiche: dall'uso dei mascherini alla sovraimpressione, fino alle scelte dei colori e all'uso di didascalie per presentare i personaggi. Si tratta di un viaggio un po' folle che ha come riferimento quelle pellicole perdute e andate disperse, di cui Maddin riprende i differenti stili, alternandoli di volta in volta. La forbidden room (la “stanza proibita”) altro non è che l'inconscio della settima arte, un luogo di fantasmi che non hanno mai trovato (fino a questo momento) uno spazio sul grande schermo. Alla lunga il gioco può stancare (i 130 minuti di durata sono davvero troppi), ma le suggestioni sono innumerevoli e, preso dal verso giusto, è un film pronto a trasformarsi in una folgorante esperienza di visione. Un vero e proprio bombardamento audiovisivo, anarchico e psichedelico, capace di far divertire e di emozionare al tempo stesso, a patto che ne si accettino le (non) regole. Uno dei rari casi nel cinema del nuovo millennio, in cui la parola “sperimentale” non è usata a caso.