How to Have Sex
How to Have Sex
Durata
91
Formato
Regista
Creta, estate: tre ragazze britanniche vivono una vacanza all'insegna del divertimento sfrenato stringendo nuove amicizie tra mare, locali, alcol. Con il passare dei giorni, però, in loro si fa largo una nuova consapevolezza su di sé e sul proprio corpo.
Esordio della trentenne britannica Molly Manning Walker, il film alterna sorprendentemente ritmi e stili: nella prima parte è scanzonato, divertente, leggero mentre scorrono le immagini di un’isola greca adibita a palcoscenico trash di esibito divertimento fatto di colori fluo e alcol scadente; nella seconda parte si fa più incalzante e i toni fluorescenti di prima sembrano svanire man a mano che la macchina da presa si concentra sulla protagonista, sui suoi primi piani come a voler entrare nel suo inconscio. La forza di questo interessante coming of age risiede proprio nel vivere a stretto contatto con lei tutte le sensazioni di Tara: confusione, spaesamento, desiderio di divertirsi ed affermarsi e poi di isolamento. Nel conflitto tra l’affermazione di sé attraverso il proprio corpo e il desiderio di intimità e con esso di un rapporto con l’altro che sia privilegiato e reciproco sta tutto il cuore di questo film: il sesso non sarà per Tara l’esperienza idilliaca che le sue amiche tanto decantano – anche loro vittime inconsapevoli di una rappresentazione forzata e fissa dei rapporti interpersonali – e porterà ad un graduale processo di rielaborazione dell’esperienza che lo spettatore riesce a percepire sulla propria pelle. Peccato che ci sia qualche schematismo di troppo, soprattutto verso la conclusione, perché - fatta eccezione per qualche superficialità evidente - il tocco della regista si nota nella sensibilità della scrittura, che muove delicati moti empatici, e nel grande lavoro sull’immagine affinché restituisca autenticità e verità a questo racconto senza pregiudizi né giudizi sul confine labile tra desiderio e consenso. Notevole l’interpretazione della protagonista, Mia McKenna-Bruce, capace di esprimere con soli corpo e sguardo titubanze, paure e domande interiori di un’adolescente.
Esordio della trentenne britannica Molly Manning Walker, il film alterna sorprendentemente ritmi e stili: nella prima parte è scanzonato, divertente, leggero mentre scorrono le immagini di un’isola greca adibita a palcoscenico trash di esibito divertimento fatto di colori fluo e alcol scadente; nella seconda parte si fa più incalzante e i toni fluorescenti di prima sembrano svanire man a mano che la macchina da presa si concentra sulla protagonista, sui suoi primi piani come a voler entrare nel suo inconscio. La forza di questo interessante coming of age risiede proprio nel vivere a stretto contatto con lei tutte le sensazioni di Tara: confusione, spaesamento, desiderio di divertirsi ed affermarsi e poi di isolamento. Nel conflitto tra l’affermazione di sé attraverso il proprio corpo e il desiderio di intimità e con esso di un rapporto con l’altro che sia privilegiato e reciproco sta tutto il cuore di questo film: il sesso non sarà per Tara l’esperienza idilliaca che le sue amiche tanto decantano – anche loro vittime inconsapevoli di una rappresentazione forzata e fissa dei rapporti interpersonali – e porterà ad un graduale processo di rielaborazione dell’esperienza che lo spettatore riesce a percepire sulla propria pelle. Peccato che ci sia qualche schematismo di troppo, soprattutto verso la conclusione, perché - fatta eccezione per qualche superficialità evidente - il tocco della regista si nota nella sensibilità della scrittura, che muove delicati moti empatici, e nel grande lavoro sull’immagine affinché restituisca autenticità e verità a questo racconto senza pregiudizi né giudizi sul confine labile tra desiderio e consenso. Notevole l’interpretazione della protagonista, Mia McKenna-Bruce, capace di esprimere con soli corpo e sguardo titubanze, paure e domande interiori di un’adolescente.