American History X
American History X
Durata
119
Formato
Regista
All'uscita dal carcere, Derek Vinyard (Edward Norton) è un uomo rinato, lontano dalle convinzioni sulla supremazia della razza bianca che avevano condizionato la sua vita fino al momento dell'omicidio che lo portò a una lunga detenzione. Nonostante il cambiamento, però, la comunità di estrema destra lo riaccoglie a braccia aperte, così come il fratello minore, Danny (Edward Furlong), che lo considera un eroe da imitare.
È uno strano oggetto il film d'esordio di Tony Kaye, specializzato fino ad allora nella regia di videoclip musicali: è essenzialmente un'opera che mostra il lato peggiore di certe derive nazionaliste e di estrema destra in seno alla società benestante americana e, di certo, l'interpretazione di Edward Norton mette d'accordo tutti su quello che è uno dei talenti più incisivi della sua generazione. C'è, però, qualche piccola nota straniante che stona inevitabilmente con la materia di cui si vogliono elencare gli orrori: la decisione di insistere sul contenuto moralistico della vicenda spoglia l'analisi, visivamente graffiante, dell'oggettività necessaria e, in più, rende la caratterizzazione dei personaggi principali (così come quelli di contorno) fin troppo squadrata e priva di quelle sfumature che ne avrebbero quantomeno reso affascinante il progressivo cambiamento nel corso della narrazione. Tuttavia, sul lato prettamente estetico, si fa notare la discreta mano di Kaye, che sceglie la giusta alternanza tra bianco e nero e colore per descrivere le due fasi della vita del protagonista e riassumere artisticamente il suo progressivo ritorno alla realtà. Scritto da David McKenna e candidato a un Oscar (attore protagonista).
È uno strano oggetto il film d'esordio di Tony Kaye, specializzato fino ad allora nella regia di videoclip musicali: è essenzialmente un'opera che mostra il lato peggiore di certe derive nazionaliste e di estrema destra in seno alla società benestante americana e, di certo, l'interpretazione di Edward Norton mette d'accordo tutti su quello che è uno dei talenti più incisivi della sua generazione. C'è, però, qualche piccola nota straniante che stona inevitabilmente con la materia di cui si vogliono elencare gli orrori: la decisione di insistere sul contenuto moralistico della vicenda spoglia l'analisi, visivamente graffiante, dell'oggettività necessaria e, in più, rende la caratterizzazione dei personaggi principali (così come quelli di contorno) fin troppo squadrata e priva di quelle sfumature che ne avrebbero quantomeno reso affascinante il progressivo cambiamento nel corso della narrazione. Tuttavia, sul lato prettamente estetico, si fa notare la discreta mano di Kaye, che sceglie la giusta alternanza tra bianco e nero e colore per descrivere le due fasi della vita del protagonista e riassumere artisticamente il suo progressivo ritorno alla realtà. Scritto da David McKenna e candidato a un Oscar (attore protagonista).