I santi innocenti

Los santos inocentes

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Durata

107

Formato

Regista

Paco (Alfredo Landa) e Régula (Terele Pávez) si trasferiscono con i figli per lavorare da un proprietario terriero che si aspetta obbedienza totale. A loro si aggiunge Azarías (Francisco Rabal), il fratello con disabilità cognitiva della donna, forse l’unico in grado di non accettare passivamente i soprusi. 

Dopo La colmena, tratto da un romanzo del premio Nobel Camilo José Cela, Mario Camus torna ad adattare un capolavoro della letteratura spagnola contemporanea: l’omonimo libro di Miguel Delibes, pubblicato appena un paio d’anni prima. La recente caduta del franchismo permette al regista di raccontare la condizione di povertà e disparità della Spagna rurale con un realismo che sarebbe stato impensabile durante il regime. La disobbedienza sembra una astrazione inammissibile per le menti dei protagonisti, così abituati a chinare la testa per soddisfare i desideri e i capricci dei padroni. Ed è un’umanità ammaestrata, infatti, quella che viene mostrata, il cui apice è rappresentato da Paco usato come cane da fiuto durante le battute di caccia alla pernice. Solo Azarías, nella sua ingenua disinibizione nei confronti delle norme sociali, non sente la necessità di genuflettersi ciecamente alla gerarchia, preferendo la compagnia di una nipote gravemente malata e degli uccelli. Sarà lui a rompere l’ordine prestabilito e per questo verrà allontanato dalla società. Camus riesce a raccontare una storia estremamente dolorosa senza attenzioni morbose, dividendo il film in quattro parti che, pur intitolate a diversi personaggi, mantengono uno sguardo corale: l’esperienza dei figli maggiori, il lavoro di Paco come assistente di caccia e il dramma di Azarías si intrecciano infatti per tutta la durata della pellicola. Crude e spoglie, la fotografia e la messa in scena riescono ad acuire il messaggio di denuncia del film, in cui non mancano però squarci paesaggistici molto incisivi che la regia riesce a esaltare, rendendo la campagna dell’Estremadura un’altra grande protagonista. Nella loro semplicità, restano impressi i titoli di testa, simbolo di un film privo di grandissimi guizzi o di riflessioni memorabili ma ugualmente capace di fare egregiamente il suo dovere. Meritato premio per la migliore interpretazione maschile a Cannes, dato ex-aequo a Rabal e Landa, ma il reparto femminile, guidato da una dolente Pávez, è allo stesso livello.


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