1941, un soldato italiano parte per il fronte sovietico. L’esercito fascista è alleato di quello nazista, la vittoria appare vicina. Il convoglio procede tra i canti e le speranze. A differenza di molti giovani commilitoni, lui ha già conosciuto la guerra, in Africa, e la teme. Il treno attraversa mezza Europa, avventurandosi nello sterminato territorio ucraino. All’arrivo dell’inverno l’entusiasmo cade sotto i colpi dei primi morti, del gelo e della neve. I desideri si fanno semplici: non più la vittoria, ma un letto caldo, del cibo, tornare a casa. L’immensa steppa spazzata dalla tormenta sembra popolata da fantasmi.

Il Varco, nella definizione dei due registi Federico Ferrone e Michele Manzolini e anche in sostanza, è una storia di finzione costruita con filmati di repertorio, ufficiali e amatoriali (relativi agli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso). Racconto in soggettiva di un soldato durante la campagna di Russia nella Seconda Guerra Mondiale, il prodotto finito denota un uso sorprendente e indubbiamente vitale e propulsivo del materiale d’archivio, assemblato dai due registi, anche sceneggiatori insieme al collettivo di scrittori Wu Ming 2, con un sguardo  eclettico e attento, critico e dialettico da un lato e sentimentale e romantico dall’altro. Le forzature non mancano, così come i passaggi più sterili e a vuoto all’interno dell’asse narrativo arbitrariamente ritagliato sui filmati a disposizione, ma il fascino dell’operazione è comunque indubbio così come la sua capacità di raccontare la guerra e le sue componenti spettrali, ponendosi agilmente a cavallo tra fiction e non fiction e rendendo gli steccati tra queste due categorizzazioni molto labili e puntualmente liquidi. Complessivamente efficace, pur con qualche mancanza di tenuta, l’oscillazione tra presente e pressato, forte di riprese e ricerche nell’Ucraina centro-orientale (le regioni di Dnipro, Kirovograd e Donetsk, fronte caldo ancora oggi). Prodotto da Kiné con Istituto Luce Cinecittà e liberamrnte ispirato alle vite e ai diari dei soldati Guido Balzani, Remo Canetta, Enrico Chierici, Adolfo Franzini, Nuto Revelli, Mario Rigoni Stern. Le sequenze africane in 8 mm sono tratte da Impressioni a distanza di Luca Ferro, mentre la fiaba Il soldato disertore e il diavolo di Alexander Atanasef, che apre il film ritagliandosi un prologo altamente evocativo, è letta da Ian Kichenko. La voce narrante è di Emidio Clementi. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2019 nella sezione Sconfini.

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