Per giungere sino in Svezia, Paese dove le leggi sull'accoglienza degli immigrati sono molto favorevoli, un gruppo di clandestini inscena un finto corteo nunziale per poter superare le dogane senza subire controlli rigorosi.

Sembra quasi una fiaba la genesi di Io sto con la sposa: tre amici accomunati dalla passione verso la medesima causa, decidono in pochissimo tempo (due settimane per organizzare il viaggio e mettere insieme la troupe) di intraprendere un'avventura che li porterà a presentare il loro lavoro alla Mostra del Cinema di Venezia. Il film ha diversi limiti: primo su tutti, il fatto di essere diretto da tre persone che, escluso Antonio Augugliaro, con il cinema hanno poco a che vedere. Tuttavia, anche in mancanza di un afflato cinematografico significativo, la passione che muove il progetto, la voglia di divulgare il più possibile una realtà costantemente attuale, il senso del dovere e del volere denunciare tali fatti, si respirano lungo tutti i minuti di questo documentario, rendendolo vitale e sincero. Altra qualità di questo piccolo prodotto indipendente (quasi 100 mila euro sono stati raccolti con il crowdfounding), è quella di far sentire lo spettatore al centro di un progetto genuino, efficace e importante. Senza troppe pretese, ci si può accontentare.
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