Luci del varietà
Durata
97
Formato
Regista
Liliana Antonelli (Carla Del Poggio), pur di diventare una donna di spettacolo, sarebbe disposta a tutto. Chiede a Checco Dalmonte (Peppino De Filippo), capocomico di una compagnia di varietà, di farla entrare come soubrette in quell'universo, ma nessuno la vede di buon occhio.
Primo lungometraggio di Federico Fellini, che esordisce dietro la macchina da presa al fianco di Alberto Lattuada, dopo l'arcinota gavetta come vignettista e sceneggiatore, Luci del varietà è una giostra caotica e priva di centro, che dovrebbe funzionare come opera corale ma non riesce a restituire la complessità di uno scenario eterogeneo in cui s'incrociano molteplici personaggi e situazioni. Anche le sequenze di varietà, salvo un paio di eccezioni che strappano la sufficienza, risultano datate e incolori, se non addirittura stonate e isolate rispetto al resto della narrazione. In questa massa indistinta e partecipata di voci e stimoli, accolta in modo piuttosto tiepido all'epoca, il talento e le figure di riferimento di Fellini appaiono solo a tratti: s'intravedono in forma embrionale alcuni dei suoi peculiari caroselli, ma la magia e la grandezza del suo cinema hanno decisamente da venire. Il finale è emblematico: vorrebbe essere amaro per non dire beffardo, anche se non ha il coraggio e la sfrontatezza per esserlo fino in fondo. Lattuada ne rivendicò vigorosamente la paternità. Soggetto di Fellini, che lo sceneggiò con lo stesso Lattuada e Tullio Pinelli. Ottimo come sempre De Filippo, in una prova di sublime misura. Nastro d'argento alla Masina nel 1951.