
Nour
Durata
93
Formato
Regista
Nour (Linda Mresy) ha dieci anni: dopo aver attraversato il Mediterraneo ed essere uscita indenne a un violento naufragio arriva a Lampedusa, dove viene soccorsa dal medico Pietro Bartolo (Sergio Castellitto). L'uomo, identificato dalla bimba come un eroe, inizia a prendersi cura di lei nel tentativo di ricostruirne la storia e garantirle un presente (e un futuro) sereno.
Tratto dal libro Lacrime di sale: La mia storia quotidiana di medico di Lampedusa fra dolore e speranza di Lidia Tilotta e Pietro Bartolo, Nour porta sul grande schermo la vicenda umana e professionale di quest’ultimo, dottore impegnato in prima linea e per tanti anni nella cura dei migranti e divenuto, perfino suo malgrado, un simbolo di generosità e apertura verso l’altro. Il titolo del film di Maurizio Zaccaro si riferisce alla bimba siriana protagonista, personaggio attraverso il quale si allarga lo sguardo rispetto alle quotidiane e perfino alienanti attività scientifiche e umanitarie di Bartolo, poi divenuto anche europarlamentare a Bruxelles e già protagonista di Fuocoammare (2016) di Gianfranco Rosi: la necessità di costruire una nuova vita dopo un viaggio in mare di tali titaniche proporzioni, il diritto a una normalità che faccia rima con l’infanzia, le insidie di un adattamento culturale né facile né immediato, impossibile da dare per scontato. I temi sono insidiosi, di flagrante attualità e non sempre serviti a dovere da un impianto opaco e altalenante, che sbanda spesso un po’ per legittimo pudore un po’ per l’esigenza di romanzare il libro di Bartolo diluendolo nei modi e nelle forme stantii e divulgativi della fiction televisiva di prima serata. Non per questo, però, Nour rifiuta o banalizza in tronco la complessità e l’intima drammaticità della storia che racconta e, per quanto tirato via in un più di un tassello narrativo in odor di retorica e nella caratterizzazione dei personaggi, preferisce una via delicata, tenue e dialettica nell’inoltrarsi in una delle frontiere, morali e fisiche, più calde della contemporaneità. Castellitto, già diretto da Zaccaro nel serial Mediaset ‘O professore, evita una mimesi anche linguistica decisamente complicata, preferendo, più saggiamente, tentare di cogliere l’impeto e l’umanità di Bartolo. Fotografia di Fabio Olmi, figlio di Ermanno. Presentato al Torino Film Festival 2019 nella sezione Festa Mobile (senza grandi echi) e distribuito in sala da Vision come evento per soli tre giorni il 10, l’11 e il 12 agosto 2020, durante un’altra estate calda di copiosi sbarchi nell’hotspot di Lampedusa, centro di primissima accoglienza (e relativo riconoscimento) per i migranti in Italia.
Tratto dal libro Lacrime di sale: La mia storia quotidiana di medico di Lampedusa fra dolore e speranza di Lidia Tilotta e Pietro Bartolo, Nour porta sul grande schermo la vicenda umana e professionale di quest’ultimo, dottore impegnato in prima linea e per tanti anni nella cura dei migranti e divenuto, perfino suo malgrado, un simbolo di generosità e apertura verso l’altro. Il titolo del film di Maurizio Zaccaro si riferisce alla bimba siriana protagonista, personaggio attraverso il quale si allarga lo sguardo rispetto alle quotidiane e perfino alienanti attività scientifiche e umanitarie di Bartolo, poi divenuto anche europarlamentare a Bruxelles e già protagonista di Fuocoammare (2016) di Gianfranco Rosi: la necessità di costruire una nuova vita dopo un viaggio in mare di tali titaniche proporzioni, il diritto a una normalità che faccia rima con l’infanzia, le insidie di un adattamento culturale né facile né immediato, impossibile da dare per scontato. I temi sono insidiosi, di flagrante attualità e non sempre serviti a dovere da un impianto opaco e altalenante, che sbanda spesso un po’ per legittimo pudore un po’ per l’esigenza di romanzare il libro di Bartolo diluendolo nei modi e nelle forme stantii e divulgativi della fiction televisiva di prima serata. Non per questo, però, Nour rifiuta o banalizza in tronco la complessità e l’intima drammaticità della storia che racconta e, per quanto tirato via in un più di un tassello narrativo in odor di retorica e nella caratterizzazione dei personaggi, preferisce una via delicata, tenue e dialettica nell’inoltrarsi in una delle frontiere, morali e fisiche, più calde della contemporaneità. Castellitto, già diretto da Zaccaro nel serial Mediaset ‘O professore, evita una mimesi anche linguistica decisamente complicata, preferendo, più saggiamente, tentare di cogliere l’impeto e l’umanità di Bartolo. Fotografia di Fabio Olmi, figlio di Ermanno. Presentato al Torino Film Festival 2019 nella sezione Festa Mobile (senza grandi echi) e distribuito in sala da Vision come evento per soli tre giorni il 10, l’11 e il 12 agosto 2020, durante un’altra estate calda di copiosi sbarchi nell’hotspot di Lampedusa, centro di primissima accoglienza (e relativo riconoscimento) per i migranti in Italia.