Parasol
Parasol
Durata
73
Formato
Regista
A Palma di Majorca durante le vacanze estive si incrociano tre storie di solitudine e disperazione. La settantenne belga Annie (Julienne Goeffers) incontra un suo innamorato virtuale che, dopo una notte d’amore, sparisce facendola precipitare in una cupa tristezza. Il padre separato Péré (Yosko Péré), che per vivere guida un trenino turistico, cerca in ogni modo di recuperare il rapporto con la figlia Ahilen (Ahilen Saldano). L’adolescente inglese Alfie (Alfie Thomson), in campeggio con i genitori, vorrebbe partecipare alla nightlife e conoscere ragazze ma la sua timidezza e un incontro sfortunato con il bullo Christian (Christian Carre) rendono vani i suoi tentativi.
Alla sua prima prova da regista di fiction (dopo il documentario del 2013 Silence radio), il belga Valéry Rosier dimostra un tocco sensibile nel raccontare con piglio extra-realista le vicende di umana desolazione di tre personaggi lontanissimi tra loro per nazionalità, età ed estrazione sociale ma accomunati da una fame di affetto divorante. Senza raggiungere la morbosità del collega Ulrich Seidel, ma conservando uno sguardo distaccato e quasi documentarista, Rosier segue da vicino le giornate e le nottate ordinarie dei suoi tre protagonisti, ai quali non accade nulla di eclatante, se non i piccoli, grandi dolori che attanagliano i cuori di ogni individuo. Una Palma di Majorca desolante e triste, squallida, che si mostra in tutto il suo grigiore di trappola per turisti alla luce del giorno, rivestendosi di superficiale vitalità al calare della notte (ma a ben guardare le gozzoviglie dei festaioli nascondono solo una solitudine ancora più lacerante) fa da sfondo a tre storie che non si incrociano mai, pur sfiorandosi. Un risultato sicuramente imperfetto, forse eccessivamente di maniera nello stile, ma ugualmente profondo e suggestivo, caratterizzato da silenzi e piccoli momenti di autentico scambio umano (il dialogo di Annie con la spogliarellista, i giochi di Péré con la figlia), retto da un cast di non professionisti perfettamente efficace. Una sorpresa. In concorso al Bergamo Film Meeting 2016.
Alla sua prima prova da regista di fiction (dopo il documentario del 2013 Silence radio), il belga Valéry Rosier dimostra un tocco sensibile nel raccontare con piglio extra-realista le vicende di umana desolazione di tre personaggi lontanissimi tra loro per nazionalità, età ed estrazione sociale ma accomunati da una fame di affetto divorante. Senza raggiungere la morbosità del collega Ulrich Seidel, ma conservando uno sguardo distaccato e quasi documentarista, Rosier segue da vicino le giornate e le nottate ordinarie dei suoi tre protagonisti, ai quali non accade nulla di eclatante, se non i piccoli, grandi dolori che attanagliano i cuori di ogni individuo. Una Palma di Majorca desolante e triste, squallida, che si mostra in tutto il suo grigiore di trappola per turisti alla luce del giorno, rivestendosi di superficiale vitalità al calare della notte (ma a ben guardare le gozzoviglie dei festaioli nascondono solo una solitudine ancora più lacerante) fa da sfondo a tre storie che non si incrociano mai, pur sfiorandosi. Un risultato sicuramente imperfetto, forse eccessivamente di maniera nello stile, ma ugualmente profondo e suggestivo, caratterizzato da silenzi e piccoli momenti di autentico scambio umano (il dialogo di Annie con la spogliarellista, i giochi di Péré con la figlia), retto da un cast di non professionisti perfettamente efficace. Una sorpresa. In concorso al Bergamo Film Meeting 2016.