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Se fate i bravi - Genova 2001, il sogno e la violenza
Durata
101
Formato
Regista
Cosa è rimasto del G8 del 2001 a Genova? Che cosa è cambiato da allora e come ha interiorizzato quegli eventi chi quella violenza brutale delle istituzioni l'ha vissuta sulla pelle?
Il regista Stefano Collizzolli, con l'aiuto di Daniele Gaglianone, cerca di rispondere a queste domande valendosi dei propri filmati girati all'epoca in prima persona, alternandoli a interviste ad alcuni di coloro che vi parteciparono attivamente. Il film si concentra soprattutto sulle sofferte parole e lo sguardo, ancora significativamente attonito, di Evandro, all'epoca ragazzo pieno di speranze. Scampato a un massacro iniziale soltanto grazie al disperato tentativo di proteggere almeno la sua fidanzata, fu poi comunque vittima, come tanti altri giovani inermi, di prigionia ingiustificata, sevizie e umiliazioni. Lo stile volutamente spoglio è funzionale al rispetto del dolore inesprimibile ma dolorosamente espresso per la prima volta da questo protagonista: l'inevitabile silenzio in cui era caduto il suo trauma si specchia con il trauma di un'intera nazione, diventata effettivamente "brava" (il titolo è uno sberleffo cinico di uno dei poliziotti che tenevano in custodia Evandro) nel senso di addomesticata a non lottare più proprio in seguito a questi eventi. I limiti stanno in un contraddittorio relativamente scarso - nonostante l'importante confronto col magistrato Alfonso Sabella, allora responsabile dell'ordine nelle caserme di Bolzaneto e di Forte San Giuliano - e nel fatto che le ragioni per cui ci si batteva (e i dovuto paragoni con l'oggi), per quanto in parte evocate, siano poco approfondite. Prodotta e distribuita da ZaLab, pensata (e co-sceneggiata insieme ai due registi) da Fabio Geda e patrocinata da Amnesty International, è in ogni caso un'opera con cui confrontarsi, se non altro per riflettere sull'umanità ferita da uno degli atti istituzionali più barbarici della storia recente.
Il regista Stefano Collizzolli, con l'aiuto di Daniele Gaglianone, cerca di rispondere a queste domande valendosi dei propri filmati girati all'epoca in prima persona, alternandoli a interviste ad alcuni di coloro che vi parteciparono attivamente. Il film si concentra soprattutto sulle sofferte parole e lo sguardo, ancora significativamente attonito, di Evandro, all'epoca ragazzo pieno di speranze. Scampato a un massacro iniziale soltanto grazie al disperato tentativo di proteggere almeno la sua fidanzata, fu poi comunque vittima, come tanti altri giovani inermi, di prigionia ingiustificata, sevizie e umiliazioni. Lo stile volutamente spoglio è funzionale al rispetto del dolore inesprimibile ma dolorosamente espresso per la prima volta da questo protagonista: l'inevitabile silenzio in cui era caduto il suo trauma si specchia con il trauma di un'intera nazione, diventata effettivamente "brava" (il titolo è uno sberleffo cinico di uno dei poliziotti che tenevano in custodia Evandro) nel senso di addomesticata a non lottare più proprio in seguito a questi eventi. I limiti stanno in un contraddittorio relativamente scarso - nonostante l'importante confronto col magistrato Alfonso Sabella, allora responsabile dell'ordine nelle caserme di Bolzaneto e di Forte San Giuliano - e nel fatto che le ragioni per cui ci si batteva (e i dovuto paragoni con l'oggi), per quanto in parte evocate, siano poco approfondite. Prodotta e distribuita da ZaLab, pensata (e co-sceneggiata insieme ai due registi) da Fabio Geda e patrocinata da Amnesty International, è in ogni caso un'opera con cui confrontarsi, se non altro per riflettere sull'umanità ferita da uno degli atti istituzionali più barbarici della storia recente.
