Sta' fermo, muori e resuscita
Zamri, umri, voskresni!
Durata
105
Formato
Regista
Galia (Dinara Drukarova) e l'irrequieto Valerka (Pavel Nazarov) sono due dodicenni che vivono in un villaggio della Siberia. Siamo nel 1947, in pieno stalinismo, e i due affrontano quotidianamente le difficoltà enormi del contesto storico e sociale in cui si trovano.
Durissima rilettura storica dell'Unione Sovietica ai tempi dello stalinismo e allo stesso tempo efficace ritratto intimista, Sta' fermo, muori e resuscita è un film che, nel suo stilizzato e splendido bianconero, si rifà alla poetica del neorealismo italiano (la rappresentazione dell'infanzia può ricordare il cinema di Vittorio De Sica), giocando però anche molto sui chiaroscuri e i giochi d'ombra della fotografia espressionista e aggiungendo al realismo di fondo una componente più inquieta e drammatica, evidente in tutta la sua forza nello scoppio di pazzia del finale. A voler essere pignoli, qualche momento è meno centrato di altri, ma è un film assolutamente potente e da recuperare, non privo anche di qualche attimo d'umorismo, inevitabile quando si raccontano amicizie infantili. È una sorta de I 400 colpi (François Truffaut, 1959) che fa le pulci alla storia del regime stalinista, ponendosi come una delle più importanti opere cinematografiche del crepuscolo sovietico. Il regista Vitalij Kanevskij, anche sceneggiatore (classe 1935, nonostante fosse poco più che esordiente), si è ispirato alla propria biografia. Camera d'or per la miglior opera prima al Festival di Cannes e miglior sceneggiatura all'European Film Awards. Ingiustamente dimenticato dai più.
Durissima rilettura storica dell'Unione Sovietica ai tempi dello stalinismo e allo stesso tempo efficace ritratto intimista, Sta' fermo, muori e resuscita è un film che, nel suo stilizzato e splendido bianconero, si rifà alla poetica del neorealismo italiano (la rappresentazione dell'infanzia può ricordare il cinema di Vittorio De Sica), giocando però anche molto sui chiaroscuri e i giochi d'ombra della fotografia espressionista e aggiungendo al realismo di fondo una componente più inquieta e drammatica, evidente in tutta la sua forza nello scoppio di pazzia del finale. A voler essere pignoli, qualche momento è meno centrato di altri, ma è un film assolutamente potente e da recuperare, non privo anche di qualche attimo d'umorismo, inevitabile quando si raccontano amicizie infantili. È una sorta de I 400 colpi (François Truffaut, 1959) che fa le pulci alla storia del regime stalinista, ponendosi come una delle più importanti opere cinematografiche del crepuscolo sovietico. Il regista Vitalij Kanevskij, anche sceneggiatore (classe 1935, nonostante fosse poco più che esordiente), si è ispirato alla propria biografia. Camera d'or per la miglior opera prima al Festival di Cannes e miglior sceneggiatura all'European Film Awards. Ingiustamente dimenticato dai più.