I migliori anime tratti dai manga: la nostra top 10
14/04/2021
I manga sono da sempre una grandissima fonte di ispirazione per i registi, che hanno trasposto le avventure dall'inchiostro al grande (o piccolo) schermo, trasformandoli in anime. Probabilmente il caso più celebre è Nausicaä della Valle del vento, che Hayao Miyazaki ha portato nelle sale dopo aver scritto lui stesso il manga dal febbraio del 1982, dopo aver esordito al cinema con Lupin III – Il castello di Cagliostro, adattamento dell'opera di Monkey Punch. Non solo opere sul grande schermo, comunque: per la televisione, nel corso degli anni, sono arrivate diverse serie anime divenute dei veri e propri cult nel corso degli anni, come Dragon Ball, di Akira Toriyama (anche autore di Dr. Slump) o Ranma ½, di Rumiko Takahashi, che lungo la sua carriera di mangaka ha creato anche Lamù (con cui ha esordito) e Inuyasha. Impossibile, inoltre, non citare Ken il guerriero, I Cavalieri dello zodiaco, One Piece, Lady Oscar, Naruto, Slam Dunk, Death Note, Sailor Moon o Devilman: opere che con il passare degli anni hanno raccolto sempre più consensi e diverse trasposizioni sul piccolo (e a volte grande, ma senza successo) schermo. In occasione del compleanno di Katsuhiro Ōtomo, creatore di Akira, ecco i migliori 10 anime cinematografici tratti dai rispettivi manga.
10) Lamù Beautiful Dreamer (Mamoru Oshii, 1984)

Il regista nipponico ha dato libero sfogo al proprio desiderio di bizzarra sperimentazione, aggiungendo allo slapstick surreale alcune questioni filosofiche abbastanza impegnative per un'opera che si rivolge, principalmente, a un pubblico di giovanissimi spettatori. Onirico e incomprensibile alla prima visione, rimane troppo legato al nome della sua protagonista – com'è giusto e normale che sia – ma è un esempio coraggioso di “uscita dagli schemi” nel mondo spesso stantìo dell'animazione giapponese prima della sua affermazione internazionale.
9) I sospiri del mio cuore (Yoshifumi Kondou, 1995)

Pellicola adatta anche ai piccolissimi o a tranquille visioni in famiglia, è senza dubbio un'opera semplice e immediata, priva di grandi pretese ma capace di fare comunque più che bene il suo dovere. Lo sguardo del regista può apparire ingenuo, ma è più che altro uno sguardo delicato e sensibile.
8) Lupin III – Il castello di Cagliostro (Hayao Miyazaki, 1979)

Lupin, Jigen, Goemon e Fujiko, i personaggi protagonisti della fortunata serie animata, sono scatenati e memorabili come sempre. In particolare il ladro protagonista, fanfarone ma di impagabile scaltrezza, si distingue qui dimostrando di avere un grande cuore. L'avventura e l'azione non mancano e si strizza l'occhio anche al romanticismo.
7) La forma della voce (Naoko Yamada, 2016)

Adattamento dell’omonimo manga di Yoshitoki Oima, la pellicola porta in scena con grazia non comune il tema della disabilità, rifuggendo in larga parte il patetismo e restituendo un realistico spaccato della società giapponese contemporanea. Accomunati dalla medesima solitudine, i due protagonisti condividono difficoltà relazionali e comunicative solo in apparenza antitetiche, tradotte nella ricercata imperfezione dei quadri, tavole sbilanciate nella composizione e nei tagli audaci di un montaggio che alterna senza soluzione di continuità il primissimo piano al campo largo.
6) Porco Rosso (Hayao Miyazaki, 1992)

Il film forse più esplicitamente politico di Miyazaki, che si fa portatore di un energico messaggio pacifista e antifascista, indulgendo generosamente in battaglie aeree che assecondano la sua passione per il volo, è anche il film meno “ghibliano”. Eccezion fatta per lo strano aspetto di Pagot, infatti, non ci sono particolari elementi fantastici pronti ad arricchire la pellicola, che, con le sue scene belliche, appare molto adulta e forse un po' fredda, lontana dai consueti sogni a occhi aperti del maestro giapponese.
5) Akira (Katsuhiro Ōtomo, 1988)

Tratto da un manga dello stesso Katsuhiro Ōtomo, Akira è il film d'animazione giapponese più importante degli anni Ottanta: senza il suo successo, gli anime probabilmente sarebbero stati esportati in Occidente più tardi. Ed è in effetti un film cult interessante, per come l'estetica cyberpunk viene intrisa di un'attuale poetica fantascientifica e apocalittica.
4) Pioggia di ricordi (Isao Takahata, 1991)

Semplice e commovente, drammatico ma divertente, è tra le opere più memorabili nella filmografia dell'autore per come costruisce psicologicamente un personaggio decisamente inattuale e inusuale per un prodotto animato, le cui avventure sono lente e riflessive, ma comunque imprevedibili e fresche. Una trama apparentemente convenzionale diventa un potente flusso di coscienza temporale dalla narrazione non lineare.
3) I miei vicini Yamada (Isao Takahata, 1999)

I miei vicini Yamada opta per disegni essenziali (parodistici e caricaturali) e ricrea piccole finestre comiche, deliziose e ingenue, che rimandano direttamente alle strisce di fumetti nipponici su cui si basa. Pieno di buffonerie e di eccentrica sincerità, riesce a dare ai ritmi comici della quotidianità una profonda valenza intimista, e ritrova la meraviglia nei piccoli gesti, nell'umorismo familiare, nella piccola grande filosofia di stampo domestico.
2) Ghost in the Shell (Mamoru Oshii, 1995)

Film cult dell'animazione giapponese basato sull'omonimo manga di Masamune Shirow, è l'opera più nota di Mamoru Oshii, esempio notevole e maturo delle potenzialità del cyberpunk, quella branca della fantascienza che si dedica all'analisi del corpo e del suo rapporto con l'anima, la tecnologia e l'identità sessuale. In quest'ultima accezione, il film è carnale, ambiguamente esplicito nella descrizione della fisicità della protagonista, e creativamente angosciante nel mostrare un mondo connesso a tutti i livelli, tecnologico e bionico, capace di trascendere la normale distopia per approdare a importanti riflessioni filosofico-esistenziali.
1) Nausicaä della Valle del vento (Hayao Miyazaki, 1984)

È il Miyazaki più pacifista ed ecologista quello di Nausicaä della Valle del vento, che rappresenta un mondo inquinato e un'umanità ridotta e regredita a livello medievale, infondendo speranza sotto le mentite spoglie della principessa Nausicaä, eroina salvatrice. Invece di attaccare brutalmente la giungla velenosa, risultato delle azioni dell'uomo, la ragazza decide di utilizzare metodi pacifici e cercare un compromesso, scoprendo così che, dietro all'aspetto mefitico, si nasconde la sostanziale purezza della natura. Una pellicola che predica amore e rispetto e lo fa con tutto l'armamentario visivo dello Studio Ghibli.
10) Lamù Beautiful Dreamer (Mamoru Oshii, 1984)

Il regista nipponico ha dato libero sfogo al proprio desiderio di bizzarra sperimentazione, aggiungendo allo slapstick surreale alcune questioni filosofiche abbastanza impegnative per un'opera che si rivolge, principalmente, a un pubblico di giovanissimi spettatori. Onirico e incomprensibile alla prima visione, rimane troppo legato al nome della sua protagonista – com'è giusto e normale che sia – ma è un esempio coraggioso di “uscita dagli schemi” nel mondo spesso stantìo dell'animazione giapponese prima della sua affermazione internazionale.
9) I sospiri del mio cuore (Yoshifumi Kondou, 1995)

Pellicola adatta anche ai piccolissimi o a tranquille visioni in famiglia, è senza dubbio un'opera semplice e immediata, priva di grandi pretese ma capace di fare comunque più che bene il suo dovere. Lo sguardo del regista può apparire ingenuo, ma è più che altro uno sguardo delicato e sensibile.
8) Lupin III – Il castello di Cagliostro (Hayao Miyazaki, 1979)

Lupin, Jigen, Goemon e Fujiko, i personaggi protagonisti della fortunata serie animata, sono scatenati e memorabili come sempre. In particolare il ladro protagonista, fanfarone ma di impagabile scaltrezza, si distingue qui dimostrando di avere un grande cuore. L'avventura e l'azione non mancano e si strizza l'occhio anche al romanticismo.
7) La forma della voce (Naoko Yamada, 2016)

Adattamento dell’omonimo manga di Yoshitoki Oima, la pellicola porta in scena con grazia non comune il tema della disabilità, rifuggendo in larga parte il patetismo e restituendo un realistico spaccato della società giapponese contemporanea. Accomunati dalla medesima solitudine, i due protagonisti condividono difficoltà relazionali e comunicative solo in apparenza antitetiche, tradotte nella ricercata imperfezione dei quadri, tavole sbilanciate nella composizione e nei tagli audaci di un montaggio che alterna senza soluzione di continuità il primissimo piano al campo largo.
6) Porco Rosso (Hayao Miyazaki, 1992)

Il film forse più esplicitamente politico di Miyazaki, che si fa portatore di un energico messaggio pacifista e antifascista, indulgendo generosamente in battaglie aeree che assecondano la sua passione per il volo, è anche il film meno “ghibliano”. Eccezion fatta per lo strano aspetto di Pagot, infatti, non ci sono particolari elementi fantastici pronti ad arricchire la pellicola, che, con le sue scene belliche, appare molto adulta e forse un po' fredda, lontana dai consueti sogni a occhi aperti del maestro giapponese.
5) Akira (Katsuhiro Ōtomo, 1988)

Tratto da un manga dello stesso Katsuhiro Ōtomo, Akira è il film d'animazione giapponese più importante degli anni Ottanta: senza il suo successo, gli anime probabilmente sarebbero stati esportati in Occidente più tardi. Ed è in effetti un film cult interessante, per come l'estetica cyberpunk viene intrisa di un'attuale poetica fantascientifica e apocalittica.
4) Pioggia di ricordi (Isao Takahata, 1991)

Semplice e commovente, drammatico ma divertente, è tra le opere più memorabili nella filmografia dell'autore per come costruisce psicologicamente un personaggio decisamente inattuale e inusuale per un prodotto animato, le cui avventure sono lente e riflessive, ma comunque imprevedibili e fresche. Una trama apparentemente convenzionale diventa un potente flusso di coscienza temporale dalla narrazione non lineare.
3) I miei vicini Yamada (Isao Takahata, 1999)

I miei vicini Yamada opta per disegni essenziali (parodistici e caricaturali) e ricrea piccole finestre comiche, deliziose e ingenue, che rimandano direttamente alle strisce di fumetti nipponici su cui si basa. Pieno di buffonerie e di eccentrica sincerità, riesce a dare ai ritmi comici della quotidianità una profonda valenza intimista, e ritrova la meraviglia nei piccoli gesti, nell'umorismo familiare, nella piccola grande filosofia di stampo domestico.
2) Ghost in the Shell (Mamoru Oshii, 1995)

Film cult dell'animazione giapponese basato sull'omonimo manga di Masamune Shirow, è l'opera più nota di Mamoru Oshii, esempio notevole e maturo delle potenzialità del cyberpunk, quella branca della fantascienza che si dedica all'analisi del corpo e del suo rapporto con l'anima, la tecnologia e l'identità sessuale. In quest'ultima accezione, il film è carnale, ambiguamente esplicito nella descrizione della fisicità della protagonista, e creativamente angosciante nel mostrare un mondo connesso a tutti i livelli, tecnologico e bionico, capace di trascendere la normale distopia per approdare a importanti riflessioni filosofico-esistenziali.
1) Nausicaä della Valle del vento (Hayao Miyazaki, 1984)

È il Miyazaki più pacifista ed ecologista quello di Nausicaä della Valle del vento, che rappresenta un mondo inquinato e un'umanità ridotta e regredita a livello medievale, infondendo speranza sotto le mentite spoglie della principessa Nausicaä, eroina salvatrice. Invece di attaccare brutalmente la giungla velenosa, risultato delle azioni dell'uomo, la ragazza decide di utilizzare metodi pacifici e cercare un compromesso, scoprendo così che, dietro all'aspetto mefitico, si nasconde la sostanziale purezza della natura. Una pellicola che predica amore e rispetto e lo fa con tutto l'armamentario visivo dello Studio Ghibli.