Erede naturale di Gary Cooper, Paul Newman è, con buona probabilità, il divo più iconico dello star system cinematografico "moderno", ovvero il divismo nato in piena golden age hollywoodiana a partire dagli anni '50, quando il grande pubblico si confrontava con quel culto dell'immagine e quell'opulenza glamour a stelle e strisce che si sarebbero estinti solo alla fine degli anni '60, con la frattura ideologica generata dalla New Hollywood (movimento di rottura dei codici classici che porterà alla ribalta una nuova generazione di miti, come ad esempio Robert De Niro e Al Pacino). Accanto a simboli come Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Marlon Brando, James Dean e Steve McQueen, Newman ha segnato in maniera indelebile il costume e la cultura pop di un'epoca.
«È inutile essere un artista se devi vivere come un impiegato»
Non solo stile fine a se stesso, inteso come mera apparenza, ma anche una profonda influenza nella storia del cinema, attraverso imprescindibili film entrati nell'immaginario collettivo. Impossibile non citare le sue collaborazioni con autori del calibro di Robert Wise, Martin Ritt, Arthur Penn, Richard Brooks, Robert Rossen, George Roy Hill, John Huston, Robert Altman e Martin Scorsese, tanto per fare qualche esempio. Scomparso nel 2008, all'età di 83 anni, Paul Newman è stato, in un certo senso, l'attore perfetto, capace di racchiudere l'essenza stessa del cinema, fatta di magnetismo, sex appeal, eccelse doti interpretative, garbo ed eleganza.
La materia di cui sono fatti i sogni, con in più due occhi azzurri come il mare, «ed è un mare nel quale ti viene veramente voglia di tuffarti». Parola di Claudia Cardinale.

Il 29 gennaio 1958, a Las Vegas, sposò in seconde nozze l'attrice Joanne Woodward, con la quale rimase fino alla morte.

Memorabile la sua dolente prova nel classico tratto dall'omonimo dramma teatrale di Tennessee Williams La gatta sul tetto che scotta (1958), accanto a una "felina" Elizabeth Taylor.

Profondo, sublime, amarissimo ritratto di una nazione che ha perduto la sua innocenza tra frivoli miti di denaro e trionfi illusori, Lo spaccone (1961) è uno dei titoli più importanti interpretati da Newman. L'attore riprenderà il personaggio dell'asso del biliardo Eddie Felson ne Il colore dei soldi (1986).

«Ognuno di noi ha il suo proprio inferno che lo aspetta». La dolce ala della giovinezza (1962), ovvero calde atmosfere sudiste, passionalità, erotismo, grande abbondanza di temi scabrosi e torrido romanticismo. Il fiammeggiante mélo di Tennesse Williams è ancora una volta il terreno ideale su cui Newman costruisce una delle sue prove migliori. Ma Geraldine Page è altrettanto memorabile.

Mostra del Cinema di Venezia, 1963. Uno degli scatti più celebri di sempre, che restituisce tutto lo charme del grande attore. To the wonder.

In versione casual con sneakers, 1965. La perfezione esiste.
© Mark Kauffman, 1967.

Pietra miliare del western revisionista, Butch Cassidy (1969) è un capolavoro picaresco intriso di avventura, spirito anarchico e crepuscolare romanticismo. Newman è eccezionale, ma Robert Redford nei panni di Sundance Kid non gli è da meno. Una delle più belle storie d'amicizia virile che il grande schermo ci abbia mai regalato.

La stangata (1973), ovvero il gangster movie più spassoso di sempre, recitato in manera sopraffina dalla coppia Newman/Redford, che quattro anni dopo Butch Cassidy fa di nuovo faville. Sette Oscar: miglior film, regia, sceneggiatura originale, scenografia, costumi, montaggio e colonna sonora. Un classico senza tempo, da vedere e rivedere.

Insieme alla moglie Joanne Woodward, Cannes 1973. Tutto il resto è noia.