Anche io
She Said
2022
Paese
Usa
Generi
Drammatico, Storico
Durata
129 min.
Formato
Colore
Regista
Maria Schrader
Attori
Carey Mulligan
Zoe Kazan
Tom Pelphrey
Adam Shapiro
Andre Braugher
Patricia Clarkson
Frank Wood
Megan Twohey (Carey Mulligan) e Jodi Kantor (Zoe Kazan), giornaliste del New York Times, raccontano lo scandalo che ha dato vita al movimento #MeToo, che ha permesso di svelare e denunciare molestie e aggressioni di natura sessuale nell'ambiente di Hollywood.

Film sul giornalismo in chiave deliberatamente femminista, Anche io prende le mosse dalla ricostruzione d’inchiesta del più grande terremoto culturale e sociale che ha investito lo show business americano negli ultimi anni, in seguito alle moltissime denunce di donne raccolte ai danni dell’ex mogul di Hollywood Harvey Weinstein, accusato di svariati stupri e molestie sessuali. I modelli statunitensi su cui poggia il film di Maria Schrader, attrice e regista tedesca già dietro la macchina da presa per l’acclamata serie tv Unorthodox, non sono certo pochi, dai più classici (Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula) ai più coevi (Il caso Spotlight), ma Anche io - traduzione italiana del titolo che fa un calco dell’inglese “Me Too” - ha il pregio di non farsi schiacciare né da tali riferimenti né dalla colossale macchina di indagini e ricostruzioni che andava restituita sullo schermo, riuscendo al contempo a mettere ordine con solidità e spessore intellettuale a un caso temporalmente molto vicino alla realizzazione del film e di estremo impatto massmediatico. Le due protagoniste, mirabilmente interpretate, sono portatrici in scena di una femminilità sofferta, combattiva ma anche opaca, e la sceneggiatura e la recitazione sono efficacissime nel restituire il dolente sacrificio, specie in rapporto alla serenità del loro quotidiano, di due professioniste fattesi carico di una battaglia di proporzioni storiche. Tutto ciò che sta intorno a loro e il modo in cui ci viene narrato rifuggono al contempo ogni ideologismo, problematizzando con vigore chiaroscurale tutte le impalcature, le prove e le rivelazioni nelle quali furono chiamate a farsi largo, tra infinite telefonate e testimonianze da accumulare, per vedere la luce in fondo al tunnel della tanto agognata giustizia. Vincente è anche il pathos umanissimo e al contempo asciutto e rigoroso con cui viene esaltato il dietro le quinte del lavoro fisico in redazione fino alle ultimissime luci della sera, tra correzioni di bozze, confronto costante con avvocati e ultimi dettagli da rifinire, mentre dove il film trova qualche inciampo in più è in una resa più monocorde di alcuni personaggi di contorno e di certi passaggi narrativi al limite dello scolastico, sui quali la sceneggiatura di Rebecca Lenkiewicz avrebbe forse fatto meglio a spingere con ancor più vocazione rabbiosa e spirito incendiario. Efficace anche la scelta di non rappresentare Weinstein mostrandolo solo di spalle, rendendolo non per questo aleatorio e dandogli al contempo dei tratti di oscena (in senso etimologico) e irrappresentabile imprensantabilità. Tratto dal libro di Twohey e Kantor She Said: Breaking the Sexual Harassment Story That Helped Ignite a Movement, prodotto da Brad Pitt e presentato in anteprima italiana al Torino Film Festival 2023, il film - forse per la troppa prossimità alle vicende narrate, materia ancora scottante per l’attualità di Hollywood - è stato relativamente poco promosso da Universal Pictures e non ha sfondato, per usare un eufemismo, né al botteghino americano e nostrano né nella stagione dei premi. Ashley Judd, tra le prime star del cinema a fornire una testimonianza diretta degli abusi subiti dall’ex boss della Miramax, compare nei panni di se stessa. 
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