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I migliori film di Claire Denis

Nata a Parigi ma cresciuta in Africa fino all’età di 13 anni, Claire Denis è stata assistente alla regista per autori del calibro di Jacques Rivette, Costa-Gavras, Jim Jarmusch e Wim Wenders e nel corso della sua carriera ha fornito importanti riflessioni sul colonialismo e sulle tensioni familiari, dedicato un’importante porzione della sua estetica allo studio dei corpi e alle implicazioni più fisiche e respingenti dell’essere umano.

In occasione del suo compleanno (21 aprile 1946), ecco una top 5 della filmografia di Claire Denis:


5) L'AMORE SECONDO ISABELLE (2017)

Alla sua prima incursione nel territorio della commedia, Claire Denis non tradisce la propria autorialità con un racconto (tratto da Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes) ricco di sfumature che si addentra in quelle problematiche sentimentali indagate già in tanto cinema francese. La commistione di generi funziona senza riserve, ai toni della commedia romantica di stampo intellettuale, presente in maniera più o meno costante in tutto il film, si alternano soluzioni meno riconcilianti e la narrazione, tutta giocata su una scrittura abbastanza fluida, ha il pregio di non risultare ripetitiva. Sulla base di un modello non certo originale e leggermente anacronistico, la Denis trova spesso i giusti guizzi, soprattutto nel lungo dialogo finale tra la protagonista e il "profeta" interpretato da Gérard Depardieu, in cui, oltre ad acquisire senso il titolo del film, i sogni infranti e la ricerca di una meritata realizzazione individuale si tingono di malinconica speranza.

4) BEAU TRAVAIL (1999)

Dal romanzo di Herman Melville Billy Budd, Claire Denis alza il tiro rispetto ai suoi film precedenti e dirige un’opera d’ambientazione militare con una fotografia torrida e assolata, un uso plastico dei fisici maschili e un’ostentazione provocante e languida della loro corporeità. Il film è un tour de force visivamente notevole, sensuale e surreale: un “sogno tropicale” che lavora sullo stereotipo del cameratismo erodendone l’immaginario, tra curiosa magia esotica e insondabile mistero. Lo stile sovversivo e deliberatamente provocatorio della regista riesce spesso a colpire nel segno e a irretire in più di un’occasione, lavorando sulla latenza dell’erotismo maschile e su due stilemi a lei cari, il primo narrativo, il secondo estetico-formale: l’abbandono della Francia da un lato e il lavoro sul sonoro in rapporto all’immagine dall’altro, che anche qui produce momenti sinestetici memorabili.

3) HIGH LIFE (2018)

Prima opera in lingua inglese della celebrata autrice francese Claire Denis, High Life è un film di fantascienza dai contorni oscuri e radicali, che spinge ancora più avanti e verso nuovi, estremi orizzonti la riflessione della cineasta sui corpi e la sessualità. La prima mezz’ora del film, nel suo studiatissimo equilibrio di gesti e silenzi, chiarisce fin da subito la natura astratta e sospesa di un’operazione che usa la sci-fi per immortalare un’umanità derelitta, catapultata in uno spazio perturbante attraverso una notevole perizia formale e visiva. La Denis si aggrappa al personaggio di Robert Pattinson caricandogli il film sulle spalle e usando la sua silente atarassia per immergerci, progressivamente e inesorabilmente, in una sorta di giardino dell’Eden rovesciato, dove la creazione dell’uomo e i suoi tratti costitutivi assumono dei contorni sempre più inquietanti e lugubri, ben evidenziati da una messa in scena asettica e, dietro l’apparente superficie delle immagini, di notevole risonanza filosofica.

2) L'INTRUS (2004) 



Da un luogo all’altro e di viaggio in viaggio, l’odissea improbabile di un uomo ordinario, dal passato incredibilmente denso alle spalle, incontra il tocco visivo e l’anima punk della regista transalpina Claire Denis, che riesce nella rara e miracolosa impresa di raccontare in modo impalpabile la profondità dell’anima lavorando sull’epidermide, di penetrare l’interiorità galleggiando in superficie. Il trapianto, per Louis, non è solo un vitale passaggio medico necessario per la sua sopravvivenza biologica, ma anche uno snodo fondamentale in un’esistenza non impeccabile: un anno zero cui dare il peso e la rilevanza che occorre conferire alle piccole rivoluzioni personali. La Denis ci racconta tutto ciò tra grandi freddi e calori improvvisi: un passaggio repentino che avviene anche dal punto di vista meramente geografico e climatico, tra figli da ritrovare in Polinesia e sequenze in cui la vena materialistica e allo stesso tempo sinfonica delle sue immagini raggiunge un’astrazione mai agguantata prima d’ora, in grado di far dialogare particolare e universale.

1) CANNIBAL LOVE - MANGIATA VIVA (TROUBLE EVERY DAY, 2001)

La cineasta francese Claire Denis raggiunge con Cannibal Love uno degli apici della sua poetica non temendo di accostare sequenze di violenza estrema (seppur soltanto suggerita) a una forma estremamente elegante e delicata, che va a creare un’affascinante storia di amore sacrificale. Il pudore con cui la regista si accosta al dramma del protagonista e la purezza delle inquadrature ammaliano e magnetizzano, immergendo lo sguardo dello spettatore in un mondo sanguinante e dolente. Straordinaria colonna sonora dei Tindersticks e particolarmente commovente il brano che dà il titolo originale al film, Trouble Every Day.

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