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Paranoia Agent: l'incantevole e complesso anime di Satoshi Kon è disponibile su Prime Video

Paranoia Agent, serie tv firmata da Satoshi Kon, uno dei massimi esponenti dell’animazione giapponese, è ora disponibile sulla piattaforma di Amazon Prime Video ed è un’ottima occasione per recuperarla.

Ha da poco compiuto 17 anni (la sua prima messa in onda risale al 2 febbraio del 2004) ed è un’opera incantevole e complessa allo stesso tempo, tanto nello stile quanto nel contenuto, nonché la conferma dell’immenso talento che il regista nipponico ha sfoggiato anche nei suoi film: Perfect Blue, Millennium Actress, Tokyo Godfathers e Paprika sono tutti lavori incredibilmente capaci di indagare nel profondo dell’animo umano, caratterizzati da una messa in scena in cui la realtà spesso si confonde con la finzione e viceversa.

Con Paranoia Agent, Satoshi Kon espande il suo repertorio tematico e vi aggiunge un’oscura e stratificata rappresentazione critica della società iper-consumista contemporanea, fornendo così il suo contributo alle riflessioni sul medium televisivo, nell’ambito di una carriera breve ma densa e prolifica.

L’elevato tasso di suicidi, la dipendenza da videogiochi, l’intensità dei ritmi di lavoro legati agli studi d’animazione, la pedofilia e la corruzione sono, infatti, soltanto alcune delle problematiche scabrose legate a una società giunta, nella visione del cineasta, ormai agli sgoccioli.

Nella città di Tokyo, Sagi Tsukiko, giovane creatrice di Maromi, cartone animato diventato il fenomeno di massa del momento, cammina in preda all’ansia causata da un blocco creativo che alimenta la pressione dei suoi superiori. Improvvisamente, in un parcheggio, viene colpita alla testa da un misterioso aggressore, descritto dalla vittima come un ragazzino con dei pattini a rotelle e una mazza da baseball dorati: Shonen Bat. A far luce sugli spiacevoli eventi intervengono i due agenti Maniwa Mitsuhiro e Ikari Keiichi, inizialmente stupiti dall’assurda testimonianza della vittima. Il caso viene aperto quando un sospettato sembra corrispondere perfettamente all’identikit dell’aggressore. 


“In un mondo di follia, ci deve essere qualcosa di giusto. È questo che ci fa andare avanti”



In Paranoia Agent riscontriamo l’assenza di un protagonista specifico, sostituito da una “staffetta di personaggi”, come la definì lo stesso Kon. Ciascun episodio mostra una parabola morale discendente legata a personaggi che, uno dopo l’altro, crollano emotivamente in preda alle proprie paranoie, ad ansie e colpe, fino a diventare vittime della mazza d’orata di Shonen Bat.
L’aggressore, infatti, sembra sentire l’odore di questa paranoia e “punisce” coloro che sono giunti a carenza etica e a perdita di identità.

Il ragazzino che viene incolpato è Taira Yūichi: la sua vita è praticamente perfetta, il suo soprannome “ichi” significa “uno” e non a caso è considerato il più celebre della scuola. Trapela una forte accusa rivolta al sistema scolastico, che educa fin dalla tenera età alla competizione, all’importanza di essere migliori degli altri, a sfruttare tutte le opportunità per diventare i numeri uno. Quando il presunto colpevole si accorge che la sua elezione a rappresentate scolastico viene messa a dura prova, a causa delle voci che ora aleggiano sul suo conto, si convince fortemente di essere stato diffamato da un suo competitor politico che vuole primeggiare al suo posto. Cadrà vittima di uno stato di forte paranoia, vittima di Shonen Bat.

In Double Lips, terzo episodio della serie, viene svelata la vita tormentata di Harumi Chono, assistente di un professore universitario di giorno ed escort molto richiesta di notte. Satoshi Kon mostra, attraverso Harumi, le paranoie derivanti dall’indecisione sulla scelta di uno stile di vita convenzionale: sposarsi a tutti i costi per essere visti di buon occhio dalla società oppure sopportare la condanna della prostituzione, ritenuta più immorale di un matrimonio di comodo.

La serie anime si pone come un superamento del genere che solitamente coinvolgeva personaggi eroici e nel quale la distinzione tra bene e male era nettamente distinta. In questo caso ci accorgiamo presto di essere di fronte a personaggi erranti, fragili e sfumati. Riduttivo anche etichettare Paranoia Agent come un thriller, in quanto è evidente una mescolanza di più generi: drammatico, tragicomico, grottesco e fantasy.

Ci troviamo, semmai, al cospetto di una collettività di antieroi, vittime e colpevoli allo stesso tempo, dove la verità diventa un’utopia irraggiungibile, troppo relativa e mai universale, dato che ogni testimone espone la propria visione soggettiva dei fatti (concetto già alla base di Rashomon di Akira Kurosawa).

L’indagine si trascina, sempre più lontana dalla risoluzione finale, e genera una confusione tale da porre lo spettatore di fronte a situazioni paradossali. Il culmine giunge quando viene catturato Makoto Kozuka, ancora più in linea con l’identikit dell’aggressore, che non è nient’altro che un emulo del vero Shonen Bat.
A questo punto Satoshi Kon ripropone una dinamica simile a quella messa in scena in Millenium Actress, approfondendo la crisi di personalità dovuta dalla confusione tra realtà e fantasia, con un focus particolare sulla dipendenza da videogame. Il sospettato, attraverso la sua testimonianza, ci catapulta nel suo mondo di fantasia sostenendo di essere il “sacro guerriero”, il personaggio di un videogioco, venuto per liberare le vittime dal male. Sembra di trovarsi di fronte a un percorso investigativo bizzarro e grottesco quanto quello di Memorie di un assassino di Bong Joon-ho

L’unica figura estremamente eroica è rappresentata da Misae Ikari, moglie del vice ispettore Keiichi, afflitta da una grave malattia che, paradossalmente, la rende consapevole del suo forte attaccamento nei confronti della vita: la realtà quotidiana, seppur piena di sofferenze e minacciata da Maromi, metafora dei sogni e della finzione nei quali la gente ama rifugiarsi per fuggire dai problemi, vale la pena di essere vissuta insieme alle persone che amiamo.


“È un grave errore scappare via dalla realtà, non ci si deve fare ingannare dall’illusione di una facile salvezza. Per quanto la vita possa essere dura noi non fuggiremo e cercheremo di superare le difficoltà”



Satoshi Kon sembra volerci dire che l’uomo non può (vuole) vivere senza paranoia, senza fatti sanguinolenti di cronaca nera per avere l’opportunità di spettegolare con le vicine di casa (come avviene nel nono episodio). L’uomo non può vivere senza un criminale verso cui puntare il dito per sentirsi più buono e nel giusto.

In caso contrario sprofonderemmo nella solitudine, nell’esclusione, e saremmo costretti davvero a guardarci nel profondo e fare i conti con le nostre vite, piene di sofferenze e peccati che non osiamo confessare per la paura di essere eletti a nuovi colpevoli, contro i quali la società sarebbe subito pronta ad accanirsi. Quindi preferiamo una fuga dal reale, nascondendoci in mondi fittizi (non a caso Maromi, emblema della finzione, diventa un fenomeno collettivo di successo), dove sono legittimi la deresponsabilizzazione e il distaccamento dai problemi reali.

Come scrive Chuck Palahniuk, romanziere statunitense celebre per le sue opere di critica sociale e autore di Fight Club: “Senza qualcuno da incolpare, non sopravvivremmo un secondo”.


Matteo Malaisi

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