Al poliziotto probo, muscoloso e callaghanamente insensibile agli ordini dei superiori Jack Caine (Dolph Lundgren), viene affiancato un abile - e rispettoso delle regole - agente dell'FBI, Arwood Smith (Brian Benben) per un complicato caso di omicidi inerenti allo spaccio di eroina. C'è di mezzo uno spacciatore alieno, venuto sulla Terra per sfruttare il potenziale endocrino degli umani e dotato di armi effettivamente poco convenzionali: una letale lama a disco e delle super-siringhe.

Fondo del barile del cinema muscolare degli anni Ottanta, qui evidentemente teso a una più grossolana demenzialità delle media dei film del genere. Staccando il cervello il film può comunque rilasciare, appunto, un discreto numero di endorfine. Il ritmo è sufficiente, le scene d'azione anche (il regista è un ex stuntman), mentre l'incredibile aplomb di "Ivan Drago" di fronte alle situazioni è quasi sublime nella sua inquietante pochezza, e le vicende talmente grottesche da lasciare spiazzati. Non mancano sberleffi alle agenzie governative e ai trafficanti in giacca e cravatta, ma il vero "assunto" - se così si può chiamare vista la superficialità messa in campo - che si può forse trarne è quello ironicamente reazionario del connubio droga-cultura hippy («io vengo in pace» è la frase ripetuta a iosa dal capelluto alieno prima di uccidere, forse collegandosi con sarcasmo al motto "pace e amore"). Da antologia del trash l'omicidio "pornografico" della bella meccanica.
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