Il racconto dell'esperienza di Fra Biagio Conte (Marcello Mazzarella), religioso palermitano che dopo una vita nel più comune benessere decide di spogliarsi dei suoi averi alla maniera francescana e di recarsi ad Assisi, alla ricerca di Dio e del senso della vita.

Il film di Pasquale Scimeca, mosso da nobili ambizioni eremitiche e spirituali, si dimostra goffo all'inverosimile nel maneggiare una materia tanto delicata quanto elevata, sia sotto il profilo cinematografico che umano e morale. Fin dall'inizio il film appare infatti compiaciuto e pretenzioso, col regista che apre il suo lavoro mettendosi in scena mentre è intento a porsi domande capitali alla moviola (“Ma facciamo film per i registi o per gli spettatori?”), un prologo cui farà seguito un epilogo ancor più inopportuno: una dichiarazione campale d'inadeguatezza al cospetto del proprio stesso risultato, un espediente che non salva l'opera ma anzi la affossa ancor di più. Se si esclude qualche sparuta suggestione che parrebbe timidamente avvicinarsi al cinema di Ermanno Olmi, tante sono le cadute di stile, da momenti inutilmente enfatici fino a commenti sonori a dir poco fuori posto. Un fallimento, forse sincero, ma non meno fragoroso.
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