A cavallo tra gli anni 70 e gli anni 80, la breve parabola musicale dei Joy Division, band di riferimento nel panorama new wave, e del suo geniale, inquieto e fragile simbolo, il cantante Ian Curtis (Sam Riley). Un giovane incapace di coniugare i propri limiti di uomo, la quotidianità e il successo.

Anton Corbijn, fotografo e regista di videoclip per svariate band (tra cui Depeche Mode e U2), sceglie un bianco e nero quanto mai calzante per raccontare una storia che ha poche luci e molte ombre. Il breve percorso dei Joy Division, nei pochi anni di attività e con soli due album realizzati, è tristemente legato alla sorte di Ian Curtis. L'instabilità emotiva e la presenza scenica del giovane frontman sono incarnate in tutte le loro sfumature da Sam Riley, che presta anche le propria voce alle esibizioni canore. Una narrazione lineare, forse poco originale e personale (la sceneggiatura, firmata da Matt Greenhalgh, tende all'agiografia), ma molto equilibrata e visivamente d'impatto, che alterna fasi della vita di Curtis (e del controverso rapporto con la moglie Deborah, interpretata da Samantha Morton) a episodi dell'evoluzione della band e alle loro esibizioni live. Un ritratto intimo ed efficace, dedicato soprattutto ai fan accaniti del gruppo britannico. Fonte d'ispirazione principale è il libro Così vicino,così lontano: la storia di Ian Curtis e dei Joy Division (Touching from a Distance) della vedova dello stesso Ian, Deborah Woodruff Curtis.
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