In questa seconda avventura sul grande schermo, Deadpool (Ryan Reynolds) forma una squadra chiamata X-Force per proteggere un giovane mutante da Cable (Josh Brolin), un soldato che viaggia nel tempo e viene dal futuro.

Sequel del film di successo del 2016 basato sulle vicende di uno dei personaggi più curiosi e irriverenti dell’intero Marvel Cinematic Universe, Deadpool 2, undicesimo film sulla saga degli X-Men, i mutanti più iconici dei fumetti, riprende in modo pressoché speculare limiti e punti di forza del film precedente, in un’avventura che non fa altro che amplificare in maniera fracassona le stesse premesse, ma con cali di ritmo e d’ispirazione purtroppo più vistosi. Il dissacrante Deadpool, interpretato alla solita, sorniona maniera da un divertito Ryan Reynolds, è il perno sboccato di un cinecomic che ha battuto il record di prevendite per un film vietato ai minori e punta tutto su prese in giro assortite, strizzate d’occhio e gag varie, che in questo caso si scagliano fin dai titoli di testa con amabile cattiveria “contro” il Logan di Hugh Jackman, (come sempre sopra le righe), e contro lo stesso Reynolds, in un’esilarante scena post credits tutta da scoprire. In mezzo, però, c’è un fuoco di fila non sempre soddisfacente, in cui i momenti divertenti, per quanto gustosi, sono anche un po’ risaputi e la narrazione incespica in una parte centrale macchinosa, prolissa e ridondante, che la butta troppo spesso sui ralenti e altre soluzioni ormai telefonate. Reynolds, oltre a interpretare il Mercenario Chiacchierone, a differenza del primo film è qui accreditato anche come sceneggiatore, mentre Stan Lee, a questo giro, compare nel suo consueto cameo addirittura su un murales. David Leitch, ex stunt-man e già regista di Atomica bionda (2017), rimpiazza Tim Miller, in rotta con Reynolds sul progetto e tutt’altro che voglioso, a suo dire, di girare “un film stilizzato a budget triplo” (col senno di poi, la ragione era tutta dalla sua parte), ma senza significativi scossoni: la freschezza e il senso di sorpresa del primo film sono compromessi e ne escono alquanto malconci. Monocorde e monolitico anche il Cable di Josh Brolin, che non riesce a incidere e a portare a casa un villain d’impatto.
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