El Alamein – La linea del fuoco
Durata
117
Formato
Regista
Ottobre 1942. Il soldato Serra (Paolo Briguglia) viene mandato sul fronte africano e assegnato alla compagnia del sergente Rizzo (Pierfrancesco Favino). Isolati, privi di rifornimenti, decimati, gli italiani attendono l’inevitabile offensiva britannica.
Senza eroi, persa e sbagliata, priva di epica e quasi di letteratura è la Seconda guerra mondiale dell’Italia fascista. Enzo Monteleone, dopo aver sceneggiato Mediterraneo (1991) di Gabriele Salvatores, affronta la sfida narrativamente e produttivamente improba di raccontare la tragica battaglia di El Alamein, dove l’esercito italiano, male armato e abbandonato dall’alleato tedesco, fu annientato dall’offensiva britannica. Attraverso gli occhi vergini ma intellettuali del volontario Serra, la guerra appare gradualmente nella sua forza orrenda e insensata, facendo cadere tutte le retoriche della propaganda fascista: il nemico è un’ombra, il deserto è personaggio, l’umanità dei soldati emerge con forza nelle attese roventi e nella presenza inevitabile della morte. Impossibile, e forse sbagliato, chiedere un grande spettacolo (di stampo hollywoodiano) a questo film, ma Monteleone gestisce bene i tempi narrativi e riesce a coinvolgere nel modo giusto. Pur non mancando di qualche scivolata retorica e peccando nella mancanza di veri personaggi negativi, El Alamein – La linea del fuoco rimane una visione preziosa e tutt’altro che banale. Notevole anche il lavoro del cast.
Senza eroi, persa e sbagliata, priva di epica e quasi di letteratura è la Seconda guerra mondiale dell’Italia fascista. Enzo Monteleone, dopo aver sceneggiato Mediterraneo (1991) di Gabriele Salvatores, affronta la sfida narrativamente e produttivamente improba di raccontare la tragica battaglia di El Alamein, dove l’esercito italiano, male armato e abbandonato dall’alleato tedesco, fu annientato dall’offensiva britannica. Attraverso gli occhi vergini ma intellettuali del volontario Serra, la guerra appare gradualmente nella sua forza orrenda e insensata, facendo cadere tutte le retoriche della propaganda fascista: il nemico è un’ombra, il deserto è personaggio, l’umanità dei soldati emerge con forza nelle attese roventi e nella presenza inevitabile della morte. Impossibile, e forse sbagliato, chiedere un grande spettacolo (di stampo hollywoodiano) a questo film, ma Monteleone gestisce bene i tempi narrativi e riesce a coinvolgere nel modo giusto. Pur non mancando di qualche scivolata retorica e peccando nella mancanza di veri personaggi negativi, El Alamein – La linea del fuoco rimane una visione preziosa e tutt’altro che banale. Notevole anche il lavoro del cast.