1996. Un gruppo di scalatori amatoriali, guidato dall'esperto Rob Hall (Jason Clarke), intraprende un viaggio per raggiungere la vetta dell'Everest. Una volta arrivati in cima, verranno sorpresi da una spaventosa tempesta che stravolgerà loro i piani e le loro vite.

Film d'apertura della 72ª Mostra del Cinema di Venezia, Everest è la trasposizione di un saggio del famoso giornalista Jon Krakauer (uno dei membri della spedizione). Girata tra il Nepal e l'Italia (Cinecittà e Alto Adige), la pellicola si dimostra un convenzionale blockbuster a stelle e strisce, presto vittima di retorica e cattivo gusto (l'emblema è la sequenza in cui Brolin si rialza quasi esanime). Il regista, che s'intestardisce sulle panoramiche dei monti, perde quasi completamente le redini del racconto, faticando a ottenere il giusto ritmo. La colpa è da ricercarsi probabilmente in un copione sciatto e senza guizzi, ma l'uso superficiale del 3D, incapace di provocare quella sensazione di vertigine inevitabile a quelle quote, rappresenta il peggior errore di Kormákur. Il cast è una parata di star, tra cui emerge non troppo chiaramente il protagonista Jason Clarke.
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