
Aurora
Sunrise: A Song of Two Humans
Durata
94
Formato
Regista
Un contadino (George O'Brien), aizzato da una diabolica donna di città (Margaret Livingston), medita di affogare la sua dolce e fragile moglie (Janet Gaynor) e poi scappare con l'amante. Ma al momento di agire, l'uomo è dilaniato dal senso di colpa e desiste: la donna scappa, inseguita dal marito che chiede perdono. I due si ritrovano a viaggiare verso la città e qui si riconcilieranno. Ma il loro ritrovato amore dovrà superare un'ulteriore prova al momento del ritorno a casa.
Confezionando un melodramma metafisico e simbolico, F.W. Murnau traduce sullo schermo la psicologia dei personaggi grazie all'espressività delle immagini, utilizzando le varie possibilità linguistiche del cinema muto per fornire un vero e proprio panorama della mente attraverso la costruzione visiva. Il marito e la moglie non hanno nome, ma lo spettatore riesce a condividere ogni stato d'animo provato dai due grazie al caleidoscopio immaginifico che accompagna la narrazione. I sinuosi movimenti di macchina, i giochi ottici (ottenuti utilizzando mascherini), l'uso allegorico dell'illuminazione e della prospettiva, la progressiva diminuzione delle didascalie in favore di soluzioni estetiche inconsuete e sorprendenti (le sovrimpressioni di immagini o le dissolvenze incrociate tra diversi ambienti): tutto è pensato per dare spessore visivo e oggettivo a percezioni, sensazioni e emozioni soggettive. Nasce così questa sinfonia dedicata a due esseri umani che si ritrovano e riscoprono i rispettivi sentimenti passando dalla campagna alla città e poi facendo il percorso inverso. L'armonia dei coniugi è messa a dura prova, prima dalla tentatrice straniera e poi da una natura selvaggia e spaventosa: il mondo rurale è quindi tutt'altro che idilliaco, mentre la caotica metropoli è dispersiva e rumorosa ma dispone di quel fascino e quella magia capaci di ridare nuova linfa vitale a un sogno d'amore. Primo film girato da F.W. Murnau negli Stati Uniti. Vincitore di tre Oscar: miglior attrice (Janet Gaynor), miglior fotografia (Charles Rosher e Karl Struss) e miglior produzione artistica, il corrispettivo dell'attuale premio al miglior film.
Confezionando un melodramma metafisico e simbolico, F.W. Murnau traduce sullo schermo la psicologia dei personaggi grazie all'espressività delle immagini, utilizzando le varie possibilità linguistiche del cinema muto per fornire un vero e proprio panorama della mente attraverso la costruzione visiva. Il marito e la moglie non hanno nome, ma lo spettatore riesce a condividere ogni stato d'animo provato dai due grazie al caleidoscopio immaginifico che accompagna la narrazione. I sinuosi movimenti di macchina, i giochi ottici (ottenuti utilizzando mascherini), l'uso allegorico dell'illuminazione e della prospettiva, la progressiva diminuzione delle didascalie in favore di soluzioni estetiche inconsuete e sorprendenti (le sovrimpressioni di immagini o le dissolvenze incrociate tra diversi ambienti): tutto è pensato per dare spessore visivo e oggettivo a percezioni, sensazioni e emozioni soggettive. Nasce così questa sinfonia dedicata a due esseri umani che si ritrovano e riscoprono i rispettivi sentimenti passando dalla campagna alla città e poi facendo il percorso inverso. L'armonia dei coniugi è messa a dura prova, prima dalla tentatrice straniera e poi da una natura selvaggia e spaventosa: il mondo rurale è quindi tutt'altro che idilliaco, mentre la caotica metropoli è dispersiva e rumorosa ma dispone di quel fascino e quella magia capaci di ridare nuova linfa vitale a un sogno d'amore. Primo film girato da F.W. Murnau negli Stati Uniti. Vincitore di tre Oscar: miglior attrice (Janet Gaynor), miglior fotografia (Charles Rosher e Karl Struss) e miglior produzione artistica, il corrispettivo dell'attuale premio al miglior film.