La famiglia Passaguai fa fortuna
Durata
92
Formato
Regista
Rimasto senza lavoro, Peppe Valenzi (Aldo Fabrizi), detto Passaguai, decide di mettersi in affari con Giocondo Diotallevi (Erminio Macario), suo ex commilitone incontrato casualmente. Passaguai e Diotallevi si fingono entrambi milionari, ambedue convinti che l'altro lo sia veramente e si fanno coinvolgere loro malgrado in una speculazione edilizia.
Sequel confezionato sull'onda del successo de La famiglia Passaguai (1951). Rispetto all'episodio precedente, Fabrizi (anche sceneggiatore, coadiuvato da Mario Amendola e Ruggero Maccari) riduce la componente slapstick per dare maggior spazio a equivoci e inganni. Ancora una volta il canovaccio esile è un pretesto funzionale all'accumulo di gag, ma la formula in questa circostanza pecca di freschezza e originalità, prevedibile negli sviluppi e noiosa nella resa. Non giovano nemmeno i pochi cambi di cast: Macario ha sostituito Peppino De Filippo, ma la sua comicità stralunata appare in questa circostanza fuori luogo e depotenziata, poco coesa con l'irruenza fisica di Fabrizi e con la verve goliardica e funambolica di Luigi Pavese. Decisamente poco, e mal sfruttato, lo spazio concesso alla grande Ave Ninchi, qui ridotta quasi a comparsa, che porta a un inevitabile ridimensionamento della componente più ruspante della pellicola, privando la narrazione di un adeguato controcanto all'estrosità di Aldo Fabrizi. Ombelicale e solo occasionalmente divertente, caotico senza mai essere veramente coinvolgente, il film ha comunque ottenuto ancora una volta un ottimo riscontro di pubblico che ha portato alla realizzazione di un ulteriore seguito, Papà diventa mamma (1952). Il direttore della fotografia è il futuro regista Mario Bava.
Sequel confezionato sull'onda del successo de La famiglia Passaguai (1951). Rispetto all'episodio precedente, Fabrizi (anche sceneggiatore, coadiuvato da Mario Amendola e Ruggero Maccari) riduce la componente slapstick per dare maggior spazio a equivoci e inganni. Ancora una volta il canovaccio esile è un pretesto funzionale all'accumulo di gag, ma la formula in questa circostanza pecca di freschezza e originalità, prevedibile negli sviluppi e noiosa nella resa. Non giovano nemmeno i pochi cambi di cast: Macario ha sostituito Peppino De Filippo, ma la sua comicità stralunata appare in questa circostanza fuori luogo e depotenziata, poco coesa con l'irruenza fisica di Fabrizi e con la verve goliardica e funambolica di Luigi Pavese. Decisamente poco, e mal sfruttato, lo spazio concesso alla grande Ave Ninchi, qui ridotta quasi a comparsa, che porta a un inevitabile ridimensionamento della componente più ruspante della pellicola, privando la narrazione di un adeguato controcanto all'estrosità di Aldo Fabrizi. Ombelicale e solo occasionalmente divertente, caotico senza mai essere veramente coinvolgente, il film ha comunque ottenuto ancora una volta un ottimo riscontro di pubblico che ha portato alla realizzazione di un ulteriore seguito, Papà diventa mamma (1952). Il direttore della fotografia è il futuro regista Mario Bava.