La felicità è un sistema complesso
Durata
117
Formato
Regista
Enrico (Valerio Mastandrea) fa un lavoro insolito: deve convincere dirigenti d’azienda incompetenti, e potenzialmente nocivi alla società, a dimettersi per lasciar spazio a uomini responsabili e idonei a ricoprire un ruolo così delicato. A destabilizzare del tutto le sue certezze, però, saranno due giovanissimi ragazzi (Filippo De Carli e Camilla Martini), figli di imprenditori, rimasti orfani e ora a capo dell’impresa familiare.
A ben otto anni di distanza dal significativo Non pensarci (2007), Gianni Zanasi torna dietro la macchina da presa, richiamando attorno a sé buona parte della squadra che lo rese celebre, per realizzare una nuova commedia dalle premesse più che stimolanti (indagare la crisi economica e morale odierna, non dal punto di vista degli ultimi ma dei primi). Bastano però pochi minuti per accorgersi di come La felicità è un sistema complesso sia un’opera decisamente distante e per nulla assimilabile al titolo sopra citato: Zanasi abbandona del tutto lo stile schietto e spontaneo, proponendo una regia pomposa e fuori luogo che non riesce a restituire con efficacia una visione piacevole e lineare. Il tutto è inoltre ostacolato da una struttura narrativa davvero esigua: il film gira a vuoto durante le (eccessive) due ore di durata, introducendo personaggi banalotti (il fratello di Enrico) e non approfondendo con cura le figure più importanti, per poi chiudersi con una svolta finale davvero da dimenticare. Mastandrea è bravo e funzionale, ma neanche lui può bastare a risollevare le sorti di un progetto monotono e stancante.
A ben otto anni di distanza dal significativo Non pensarci (2007), Gianni Zanasi torna dietro la macchina da presa, richiamando attorno a sé buona parte della squadra che lo rese celebre, per realizzare una nuova commedia dalle premesse più che stimolanti (indagare la crisi economica e morale odierna, non dal punto di vista degli ultimi ma dei primi). Bastano però pochi minuti per accorgersi di come La felicità è un sistema complesso sia un’opera decisamente distante e per nulla assimilabile al titolo sopra citato: Zanasi abbandona del tutto lo stile schietto e spontaneo, proponendo una regia pomposa e fuori luogo che non riesce a restituire con efficacia una visione piacevole e lineare. Il tutto è inoltre ostacolato da una struttura narrativa davvero esigua: il film gira a vuoto durante le (eccessive) due ore di durata, introducendo personaggi banalotti (il fratello di Enrico) e non approfondendo con cura le figure più importanti, per poi chiudersi con una svolta finale davvero da dimenticare. Mastandrea è bravo e funzionale, ma neanche lui può bastare a risollevare le sorti di un progetto monotono e stancante.