
Frida
Frida
Durata
123
Formato
Regista
Frida Kahlo (Salma Hayek): chi è la donna dietro l'artista? Genio e sregolatezza, un matrimonio – quello con Diego Rivera (Alfred Molina) – più che tumultuoso, amanti d'ogni sesso e un successo che non esclude il dolore, fisico e mentale.
Julie Taymor (Titus, 1999) racconta le vicende rocambolesche, dolorose ed eccentriche di una delle pittrici più celebrate all'interno dell'arte del Novecento. La sua Frida Kahlo, martirizzata dai mali fisici e circondata di luce quasi divina, trova in Salma Hayek un'interprete perfetta. Peccato che, attorno a lei, tutto sia strabordante fino all'eccesso, con esiti spesso stucchevoli: il pretenzioso lirismo ricercato dalla regista americana sconfina in un barocchismo kitsch poco appropriato, che fatica a restituire i toni calienti delle tele della pittrice messicana, erroneamente catalogata come surrealista. I personaggi secondari – Diego Rivera a parte, che sullo schermo ha la fisicità appropriata di Alfred Molina – sono abbozzati e schematici: basti pensare al Trotskji di Geoffrey Rush, o alla Tina Modotti di Ashley Judd. C'è troppo di tutto, senza approfondire nulla. La Kahlo, forse, avrebbe meritato meno rumore, meno vernice, meno baraonda. Curata la confezione, grazie soprattutto alla fotografia di Rodrigo Prieto. Oscar a colonna sonora (Elliot Goldenthal) e trucco (John E. Jackson e Beatrice de Alba). Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Julie Taymor (Titus, 1999) racconta le vicende rocambolesche, dolorose ed eccentriche di una delle pittrici più celebrate all'interno dell'arte del Novecento. La sua Frida Kahlo, martirizzata dai mali fisici e circondata di luce quasi divina, trova in Salma Hayek un'interprete perfetta. Peccato che, attorno a lei, tutto sia strabordante fino all'eccesso, con esiti spesso stucchevoli: il pretenzioso lirismo ricercato dalla regista americana sconfina in un barocchismo kitsch poco appropriato, che fatica a restituire i toni calienti delle tele della pittrice messicana, erroneamente catalogata come surrealista. I personaggi secondari – Diego Rivera a parte, che sullo schermo ha la fisicità appropriata di Alfred Molina – sono abbozzati e schematici: basti pensare al Trotskji di Geoffrey Rush, o alla Tina Modotti di Ashley Judd. C'è troppo di tutto, senza approfondire nulla. La Kahlo, forse, avrebbe meritato meno rumore, meno vernice, meno baraonda. Curata la confezione, grazie soprattutto alla fotografia di Rodrigo Prieto. Oscar a colonna sonora (Elliot Goldenthal) e trucco (John E. Jackson e Beatrice de Alba). Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.