Polyester
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Durata
86
Formato
Regista
Baltimora. L'obesa e frustrata casalinga Francine (Divine) scopre che il marito Elmer (David Samson), gestore di un cinema a luci rosse, la tradisce con la segretaria Sandra (Mink Stole), e che i suoi figli conducono una vita non proprio esemplare. Trova conforto nell'amica Cuddles (Edith Massey) e nel misterioso Todd (Tab Hunter), il quale manifesta l'intenzione di prenderla in sposa.
Più che per i temi (adulterio, fede, aborto) trattati in maniera farsesca e forsennata, il film di John Waters va ricordato soprattutto per essere stato il primo esperimento di distribuzione in Odorama. Al pubblico – istruito a inizio pellicola dal contributo di un finto dottore interpretato da Rick Breitenfeld – veniva consegnata una schedina che, grattata in determinati momenti della proiezione, restituiva gli odori delle sequenze impresse sullo schermo. Peti e profumi, dunque, corrispondevano in olfattivo senso a chi guardava il film al cinema. Operazione interessante, ma un po' poco per decretare l'effettiva ben riuscita dell'operazione: il lavoro di Waters finisce per arrotolarsi pigramente nel formalismo del suo autore, che assembla in maniera disordinata plot e sub-plot, caratteri e iperboli. Divine è, al solito, notevolmente sfolgorante, e funziona anche l'intero cast di supporto, da Tab Hunter alle ricorrenti – per il cinema di Waters – Edith Massey e Mink Stole. Ma il discorso complessivo non supera il banale ragionamento sulle contraddizioni e le convenzioni della periferia, al solito. Troppo rumore per (quasi) nulla.
Più che per i temi (adulterio, fede, aborto) trattati in maniera farsesca e forsennata, il film di John Waters va ricordato soprattutto per essere stato il primo esperimento di distribuzione in Odorama. Al pubblico – istruito a inizio pellicola dal contributo di un finto dottore interpretato da Rick Breitenfeld – veniva consegnata una schedina che, grattata in determinati momenti della proiezione, restituiva gli odori delle sequenze impresse sullo schermo. Peti e profumi, dunque, corrispondevano in olfattivo senso a chi guardava il film al cinema. Operazione interessante, ma un po' poco per decretare l'effettiva ben riuscita dell'operazione: il lavoro di Waters finisce per arrotolarsi pigramente nel formalismo del suo autore, che assembla in maniera disordinata plot e sub-plot, caratteri e iperboli. Divine è, al solito, notevolmente sfolgorante, e funziona anche l'intero cast di supporto, da Tab Hunter alle ricorrenti – per il cinema di Waters – Edith Massey e Mink Stole. Ma il discorso complessivo non supera il banale ragionamento sulle contraddizioni e le convenzioni della periferia, al solito. Troppo rumore per (quasi) nulla.