Logorato dalla superficialità del proprio quotidiano, il giovane Andrea (Christo Jivkov) sceglie di ritirarsi in convento per (ri)scoprire il senso della vita. Si confronterà con le contraddizioni della vita monastica e fraternizzerà con Zanna (Filippo Timi), seminarista in crisi spirituale.

Dal romanzo Lacrime impure di Furio Monicelli, un dramma di stampo teologico diretto da Saverio Costanzo, anche sceneggiatore con Flaminia Morandi e Matteo D'Arienzo. Reduce dal successo di Private (2004), il regista vola alto, tentando di stigmatizzare i dubbi e le incertezze dell'uomo di fronte a Dio, e quindi all'esistenza, attraverso l'analisi del concetto stesso di fede. Ma non bastano le geometrie visive, il rigore formale e la rarefazione dei dialoghi (più simili a gratuite e presuntuosette sentenze) per riuscire a rappresentare l'ineffabile; e il tutto risulta forzato e didascalico, appesantito da schematismi solo in apparenza negati. Confezione impeccabile (notevole la fotografia di Mario Amura) per un film eccessivamente pensato e poco sentito; il cast, comunque, è in discreta forma. Fausto Russo Alesi è Fausto, André Hennicke è il Padre superiore. Presentato in concorso al Festival di Berlino; vincitore di due Nastri d'argento (miglior montaggio e sonoro in presa diretta).
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