Evaso di prigione, un naufrago (Giulio Brogi) si ritrova su di un'isola deserta, o quasi. Scopre infatti un grande e strano edificio, con macchinari all'interno di cui non capisce l'utilità, oltre a un gruppo di uomini e donne vestiti come negli anni venti. Il naufrago si innamora di Faustine (Anna Karina), ma, pur rivolgendole la parola, lei sembra non percepire la sua esistenza. Indagando scoprirà inquietanti rivelazioni sugli “ospiti” dell'isola…

Esordio dietro la macchina da presa di Emidio Greco, che scrive la sceneggiatura col giornalista Rai Andrea Barbato, adattandola da un romanzo fantascientifico dell'argentino Adolfo Bloy Caseres. I primi trenta minuti sono solo sorretti dal vento, senza nessun dialogo: quello di Greco è dopotutto un film contemplativo, fatto di paesaggi e di immagini saturate con architetture e arredamenti d'avanguardia, accompagnato inoltre da un'atmosfera magnetica e al contempo fredda e rarefatta così come le sensazioni che ci restituiscono gli interpreti. Greco sorprende pur non convincendo del tutto con un film in parte sfasato e cerebrale che però ha molto da dire sull'importanza delle immagini e della loro incidenza nella vita quotidiana, ragion per cui è ancora più interessante rivederlo oggi, in epoca di riproducibilità seriale e scatenata. Struggente, malinconico, triste e anche romantico, poco empatico di sicuro e non del tutto riuscito, oltre che pieno di momenti di stanca, ma fascinoso nonostante la compassata e spesso goffa ineleganza di alcuni passaggi.
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