Jauja
Jauja
Durata
109
Formato
Regista
Fine del XIX secolo. Un capitano danese, Gunnar Dinesen (Viggo Mortensen), giunge in Argentina per un'operazione militare volta a strappare agli indigeni i territori della Patagonia. Con lui c'è la figlia adolescente Ingeborg (Viilbjørk Malling Agger), unica presenza femminile nel raggio di chilometri. La ragazza sparisce improvvisamente nel nulla; Gunnar si metterà sulle sue tracce, deciso a ritrovarla.
Molto del fascino di Jauja sta proprio nel significato del suo titolo: una terra mitologica di pace e prosperità, verso la quale sono partite diverse spedizioni, incapaci, però, di arrivare a destinazione. Tutti coloro che hanno cercato di raggiungerla si sono persi lungo il cammino; ed è il proprio il senso di perdita e spaesamento ciò che attraversa il protagonista, bloccato in un paesaggio desolato e inospitale, alla ricerca di qualcosa (la figlia, ma forse non solo) che si fa sempre più irraggiungibile. A sei anni di distanza da Liverpool (2008), l'argentino Lisandro Alonso firma un lungometraggio ipnotico e quasi magnetico, che fatica molto a carburare ma è capace di crescere alla distanza fino alla sorprendente e mirabile conclusione. Adottando efficacemente un formato 4:3 (straordinaria fotografia del finlandese Timo Salminen, abituale collaboratore di Aki Kaurismäki), Alonso riesce a trasportare lo spettatore in un universo arcaico, in cui il linguaggio essenziale delle immagini è direttamente proporzionale all'austero ambiente in cui si muove un grandioso Viggo Mortensen. La cornice, probabilmente, vale più del quadro, ma l'operazione merita anche più di una visione. Vincitore del premio FIPRESCI per la sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2014.
Molto del fascino di Jauja sta proprio nel significato del suo titolo: una terra mitologica di pace e prosperità, verso la quale sono partite diverse spedizioni, incapaci, però, di arrivare a destinazione. Tutti coloro che hanno cercato di raggiungerla si sono persi lungo il cammino; ed è il proprio il senso di perdita e spaesamento ciò che attraversa il protagonista, bloccato in un paesaggio desolato e inospitale, alla ricerca di qualcosa (la figlia, ma forse non solo) che si fa sempre più irraggiungibile. A sei anni di distanza da Liverpool (2008), l'argentino Lisandro Alonso firma un lungometraggio ipnotico e quasi magnetico, che fatica molto a carburare ma è capace di crescere alla distanza fino alla sorprendente e mirabile conclusione. Adottando efficacemente un formato 4:3 (straordinaria fotografia del finlandese Timo Salminen, abituale collaboratore di Aki Kaurismäki), Alonso riesce a trasportare lo spettatore in un universo arcaico, in cui il linguaggio essenziale delle immagini è direttamente proporzionale all'austero ambiente in cui si muove un grandioso Viggo Mortensen. La cornice, probabilmente, vale più del quadro, ma l'operazione merita anche più di una visione. Vincitore del premio FIPRESCI per la sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2014.