Andrzej Wesoły (Małgorzata Hajewska-Krzysztofik) cresce, si sposa e ha due bambini. La sua vita è ordinaria e integerrima, passata interamente nel piccolo paese polacco in cui è nato vicino ai genitori e al fratello. Il passare dei decenni e il cambiare dei costumi provocano in lui una lenta ma progressiva presa di coscienza: è donna, lo è sempre stato. Entro i confini di uno Stato bigotto e conservatore, cercherà di combattere la sua battaglia per abbracciare se stessa. 

L'opera dei registi polacchi Małgorzata Szumowska e Michał Englert si apre con l'immagine della protagonista su un ponte, metafora potente di un viaggio lungo un'intera vita alla ricerca di se stessi, della transizione verso il genere a cui ci si sente di appartenere a discapito di quanto la natura ha stabilito. Questa sono io parte dall'infanzia, passa dall'adolescenza e inizia ad approfondire Aniela Wesoły nella piena maturità, già padre per due volte e sempre più consapevole del proprio stato. I movimenti di macchina ora frenetici, ora inesistenti, la manipolazione del tempo diegetico, il ricorso a un formato retrò gridano a un cinema dalla grande qualità estetica. Una grandezza non legata solo alla capacità di raccontare in maniera estremamente realistica e delicata una tematica scomoda (soprattutto in Polonia) come la disforia di genere, ma soprattutto di averlo fatto senza rinunciare a raccontare come l'evolversi della storia in Aniela vada di pari passo con la Storia dello Stato: il tutto rappresentato in maniera un po' didascalica, ma ugualmente sincera e coinvolgente. Dal comunismo alla caduta del muro, dall'uscita di film come Pretty Woman e La vita segreta di Veronica all'elezione a pontefice di Giovanni Paolo II, la storia individuale e la storia collettiva si mescolano in maniera mirabile e incisiva, lanciando anche una forte stoccata di denuncia nel finale. Un'impresa rara per il cinema contemporaneo quella di raccontare tutto senza fare confusione, trovando un cassetto per ogni emozione, personaggio e avvenimento storico. In conclusione, una pellicola bigger than life, che porta lo spettatore a uno spaccato lievemente schematico ma comunque potente. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
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