La lunga corsa
Jailbird
Durata
88
Formato
Regista
iacinto (Adriano Tardiolo) è cresciuto in un carcere femminile. Figlio di due detenuti e nato maschio, invece che femmina, come tutti si aspettavano, troverà conforto nella corsa e sul piano umano nella figura di Jack, poliziotto penitenziario (Giovanni Calcagno).
Secondo lungometraggio per il regista Andrea Magnani che, dopo Easy – Un viaggio facile facile del 2017, dà vita a una pellicola che lavora sul racconto di formazione. A ogni tappa dell’infanzia e dell’adolescenza di Giacinto, infatti, segue una nuova corsa per trovare se stessi con in spalla solamente l’inseparabile zainetto di peluche. La struttura narrativa risulta lineare e il linguaggio cinematografico utilizzato è facilmente fruibile, soprattutto da un pubblico giovane che può in parte ritrovarsi nell’estrosità del personaggio, e in parte ridere proprio di questa stessa stranezza. La pellicola manca di dinamicità, non c’è pathos tra le mura del carcere: i toni non sono infatti certo quelli drammatici e violenti di altri film ambientati tra le galeotte, su tutti Jailbirds del 2015, diretto da Audrey Estrougo e interpretato da Sophie Marceau (a cui anche il titolo internazionale scelto da Magnani sembra rimandare esplicitamente). L’intento stilistico è quindi forse quello di mostrare la prigione attraverso gli occhi del bizzarro protagonista: un luogo di protezione dalle avversità al quale ritornare sempre, ma che in realtà è un non luogo; ovvero uno spazio dove le persone transitano ma dove nessuno vi abita: al contrario Giacinto vuole abitare il carcere perché il libero arbitrio lo terrorizza. Presentato in anteprima allo scorso Tallinn Black Nights Film Festival e in Italia al Torino Film Festival.