Le donne al balcone
Les femmes au balcon
Durata
104
Formato
Regista
Affacciata dalla finestra di un’elegante palazzina di Marsiglia l’aspirante scrittrice Nicole (Sandra Codreanu) osserva che cosa accade nella casa dell’affascinante dirimpettaio (Lucas Bravo). Con Nicole vive anche Ruby (Souheila Yacoub), esuberante e appariscente camgirl. Le raggiunge l’amica attrice Élise (Noémie Merlant) scappata dal set di una serie tv su Marylin Monroe e dal marito possessivo e petulante. Qualche piccolo imprevisto con la macchina dell’intrigante vicino e la conoscenza fra i quattro si fa più intima, con un esito imprevisto carico di conseguenze tragicomiche.
L’opera seconda dell’attrice e regista francese Noémie Merlant, scritta in collaborazione con Céline Sciamma a partire da vicende autobiografiche, è una coloratissima dark comedy femminista che si tinge di dramma con un pizzico di horror, seguendo suggestioni che da Pedro Almodóvar arrivano fino ad Alfred Hitchcock. I toni da commedia al femminile ricordano nell’incipit situazioni, colori e stravaganze di Donne sull’orlo di una crisi di nervi, ma Merlant cerca immediatamente uno stile proprio, più sbarazzino e disinvolto sia nella scrittura di situazioni e personaggi, sia nella messa in scena esagerata ed esibizionista in una storia di sorellanza e di emancipazione da un certo sguardo sul mondo. Lo stereotipo del male gaze, con tutte le componenti tipiche dell’oppressione patriarcale sulle donne (paternalismo, prevaricazione, stupro), è l’innesto narrativo di una “storiaccia” di presa di coscienza di un abuso raccontata con toni scherzosi e una lievità paradossali. Ironia e satira sono le armi utilizzate per ottenere un effetto liberatorio e lasciare qualcosa su cui riflettere. Ricco di spunti interessanti anche il sottotema del voyerismo e partire dalla citazione di uno dei capolavori assoluti del cinema, La finestra sul cortile, che apre spazi di riflessione sull’atto del vedere e sugli strumenti con cui si consuma, tra cui la webcam di Ruby dalla quale è trasmesso in diretta il film della sua vita, una specie di flusso di coscienza da reality show. La finestra virtuale da cui osservare gli spettacoli di Ruby diviene il luogo dove finalmente può essere vista, ascoltata, confortata addirittura, prendendo consapevolezza di quanto accaduto. Nonostante una serie di limiti (a partire dalla poca originalità del soggetto per arrivare a una messinscena abbastanza scolastica), Merlant colpisce nel segno nel portare alla superficie della coscienza dello spettatore una questione cruciale, quella della giustizia per le vittime di violenza, che non sta nel processo o nella vendetta, qui solo sfiorata, ma nell’essere riconosciute come tali, nel riappropriarsi della propria voce per enunciare una verità su cui vittima e carnefice possano finalmente essere d’accordo. Anche se la sceneggiatura non raggiunge sempre la tensione e la comicità auspicabili, tendendo a ripiegarsi su sé stessa in alcuni punti, Le donne al balcone è un film fresco, spregiudicato, eccessivo che non ha paura di esibire il corpo femminile come lo specchio in cui si riflettono traumi ed emozioni delle protagoniste finalmente liberate da veli, giudizi e paure.
L’opera seconda dell’attrice e regista francese Noémie Merlant, scritta in collaborazione con Céline Sciamma a partire da vicende autobiografiche, è una coloratissima dark comedy femminista che si tinge di dramma con un pizzico di horror, seguendo suggestioni che da Pedro Almodóvar arrivano fino ad Alfred Hitchcock. I toni da commedia al femminile ricordano nell’incipit situazioni, colori e stravaganze di Donne sull’orlo di una crisi di nervi, ma Merlant cerca immediatamente uno stile proprio, più sbarazzino e disinvolto sia nella scrittura di situazioni e personaggi, sia nella messa in scena esagerata ed esibizionista in una storia di sorellanza e di emancipazione da un certo sguardo sul mondo. Lo stereotipo del male gaze, con tutte le componenti tipiche dell’oppressione patriarcale sulle donne (paternalismo, prevaricazione, stupro), è l’innesto narrativo di una “storiaccia” di presa di coscienza di un abuso raccontata con toni scherzosi e una lievità paradossali. Ironia e satira sono le armi utilizzate per ottenere un effetto liberatorio e lasciare qualcosa su cui riflettere. Ricco di spunti interessanti anche il sottotema del voyerismo e partire dalla citazione di uno dei capolavori assoluti del cinema, La finestra sul cortile, che apre spazi di riflessione sull’atto del vedere e sugli strumenti con cui si consuma, tra cui la webcam di Ruby dalla quale è trasmesso in diretta il film della sua vita, una specie di flusso di coscienza da reality show. La finestra virtuale da cui osservare gli spettacoli di Ruby diviene il luogo dove finalmente può essere vista, ascoltata, confortata addirittura, prendendo consapevolezza di quanto accaduto. Nonostante una serie di limiti (a partire dalla poca originalità del soggetto per arrivare a una messinscena abbastanza scolastica), Merlant colpisce nel segno nel portare alla superficie della coscienza dello spettatore una questione cruciale, quella della giustizia per le vittime di violenza, che non sta nel processo o nella vendetta, qui solo sfiorata, ma nell’essere riconosciute come tali, nel riappropriarsi della propria voce per enunciare una verità su cui vittima e carnefice possano finalmente essere d’accordo. Anche se la sceneggiatura non raggiunge sempre la tensione e la comicità auspicabili, tendendo a ripiegarsi su sé stessa in alcuni punti, Le donne al balcone è un film fresco, spregiudicato, eccessivo che non ha paura di esibire il corpo femminile come lo specchio in cui si riflettono traumi ed emozioni delle protagoniste finalmente liberate da veli, giudizi e paure.