Dopo aver ricevuto uno schiaffo, Marielle (Laeni Geiseler) sperimenta strani fenomeni di telepatia. Può sentire e vedere tutto quello che i genitori fanno e dicono durante il giorno. La bizzarra circostanza incrina l’equilibrio quotidiano della sua famiglia portando a galla alcuni problemi. 

Il microcosmo di una famiglia borghese mediamente annoiata, bugiarda e anaffettiva messo al microscopio grazie a un espediente divertente che gioca con il surreale. Dai vizi più innocui, come le sigarette fumate di nascosto, al flirt spudorato con un collega, alle bugie raccontate per camuffare inconfessabili soprusi professionali: sono solo alcune delle situazioni in cui si trovano i genitori di Marielle, pericolosamente esposti al giudizio severo della figlia che li ascolta e li osserva tutto il tempo e non può farne a meno. Commedia grottesca scritta con arguzia e girata con ritmo serrato che cerca di usare l’escamotage fantasy per disseminare disordine nelle vite apatiche di questa coppia ordinaria che ha smesso di comunicare e che non riesce a dimostrare alcuna empatia né fra di loro, né verso la figlia costretta a vedere realizzati i desideri repressi dei genitori. La regia mostra il meglio e il peggio dei due genitori e in definitiva la loro incapacità comunicativa e parentale, ma non riesce mai a renderli interessanti o controversi. Julia e Tobias sono noiosi e convenzionali e anche le manifestazioni più dissacranti del loro inconscio fanno emergere una vergogna borghese e un desiderio di autoaffermazione meschino e conformista che li rende sempre più detestabili. O forse soltanto umani. Nonostante qualche passaggio troppo scolastico, Lo schiaffo è anche il romanzo di formazione di una pre-adolescente che viene iniziata ai dolori della vita adulta e che è costretta a guardare la vita oltre il velo di Maya della famiglia che, anziché proteggerla, non fa altro che esporla alla propria inadeguatezza con rivelazioni sempre più scioccanti. A parte qualche momento troppo autoindulgente – come i primi piani con i filtri colorati – Lo schiaffo scava con spietato sarcasmo dentro le vite dei personaggi, senza tuttavia dirci niente di nuovo. Di buono c’è che gli interrogativi rimangono aperti: chi siamo dietro alla narrativa che cuciamo su noi stessi? Di cosa siamo capaci pur di continuare indisturbati a raccontarci così?



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