L'argentino Juan (Juan Villegas) ha perso il lavoro a seguito della crisi economica che ha messo in ginocchio il paese: decisivo diventa l'incontro con un bell'esemplare di dogo argentino, Bombón, che gli darà nuove possibilità, cambiandogli, probabilmente, la vita.

Agrodolce e poetica storia d'amicizia tra un uomo e un cane sullo sfondo dell'Argentina piegata dalla crisi economico/finanziaria. Come in Piccole storie (2002), lo stile di Sorín è votato a un minimalismo poetico e, proprio come nel film precedente, impariamo a conoscere il protagonista accompagnandolo in un viaggio lungo le strade e le praterie della Patagonia, i cui paesaggi trasmettono allo stesso tempo il fascino dovuto all'immensità degli spazi e l'oppressione di una realtà dura e limitata. Il contesto sociale rimane apparentemente in secondo piano, ma è il deus ex machina di tutta la vicenda, che costringe da un lato ogni singolo personaggio alla più o meno amara arte d'arrangiarsi, obbligando però anche alla gentilezza e alla solidarietà (non esiste negatività, al massimo c'è una furbizia in fondo innocente). Più riuscita la parte iniziale, anche perché abitata da figure secondarie interessanti, qualche lungaggine nella parte centrale ed efficace il finale. A impedire al film, comunque riuscito, di spiccare davvero il volo è l'eccessiva esilità di fondo, che non permette di superare i limiti del buon bozzetto.
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