Una lunga domenica di passioni
Un long dimanche de fiançailles
Durata
133
Formato
Regista
La Prima guerra mondiale è appena finita e la giovane Mathilde (Audrey Tatou) non si rassegna a credere che il fidanzato Manech (Gaspard Ulliel) sia morto in trincea: comincia così una disperata ricerca per ritrovarlo.
Tratto dall'omonimo romanzo di Sébastien Japrisot, Una lunga domenica di passioni rappresenta una prima incursione di Jean-Pierre Jeunet nel melodramma: lasciati da parte freaks, surrealismo e macchinari steampunk, il regista francese (Delicatessen del 1991) si butta anima e corpo nella narrazione dell'ostinato e struggente sentimento che lega Mathilde a Manech, suo fidanzato fin da quand'era una bambina. Il risultato, però, non è all'altezza delle aspettative: troppa retorica e ancor più melassa, complice anche una protagonista più leziosa ancora che nel precedente Il favoloso mondo di Amélie (2001). Molta carne al fuoco (insieme alla vicenda di Manech si segue anche quella dei suoi quattro commilitoni), svolte narrative eccessivamente macchinose e tanta maniera, specialmente nella ricerca di una perfezione formale (la fotografia virata in seppia, le inquadrature pulite) più estetizzante che altro. Potente l'incipit che rappresenta vita e morte nelle trincee, ma la pellicola non riesce a mantenerne il livello. Il pubblico, comunque, ha gradito. Piccole parti per Jodie Foster e Marion Cotillard. Musiche di Angelo Badalamenti.
Tratto dall'omonimo romanzo di Sébastien Japrisot, Una lunga domenica di passioni rappresenta una prima incursione di Jean-Pierre Jeunet nel melodramma: lasciati da parte freaks, surrealismo e macchinari steampunk, il regista francese (Delicatessen del 1991) si butta anima e corpo nella narrazione dell'ostinato e struggente sentimento che lega Mathilde a Manech, suo fidanzato fin da quand'era una bambina. Il risultato, però, non è all'altezza delle aspettative: troppa retorica e ancor più melassa, complice anche una protagonista più leziosa ancora che nel precedente Il favoloso mondo di Amélie (2001). Molta carne al fuoco (insieme alla vicenda di Manech si segue anche quella dei suoi quattro commilitoni), svolte narrative eccessivamente macchinose e tanta maniera, specialmente nella ricerca di una perfezione formale (la fotografia virata in seppia, le inquadrature pulite) più estetizzante che altro. Potente l'incipit che rappresenta vita e morte nelle trincee, ma la pellicola non riesce a mantenerne il livello. Il pubblico, comunque, ha gradito. Piccole parti per Jodie Foster e Marion Cotillard. Musiche di Angelo Badalamenti.