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Maschile singolare
Durata
101
Formato
Regista
Antonio (Giancarlo Commare) è costretto a mettere in discussione tutte le proprie certezze quando viene abbandonato dal marito, dal quale dipende sia psicologicamente che economicamente. Deve quindi trovare una nuova casa, un lavoro e – soprattutto – un nuovo scopo nella vita. Incoraggiato dall’amica Cristina, prende una stanza in affitto a casa di Denis (Eduardo Valdarnini) e inizia a lavorare come apprendista nel forno di Luca (Gianmarco Saurino). Acquistando fiducia in se stesso e riscoprendo le proprie passioni e desideri, Antonio si accorge di quanto, in passato, abbia sbagliato a sacrificare la propria indipendenza per il bene della sua relazione.
Una scrittura semplice ma efficace (la sceneggiatura è stata realizzata dai registi insieme a Giuseppe Paternò Raddusa) è il punto di partenza per una pellicola che vorrebbe rompere gli stereotipi sul mondo LGBT+ e raccontarne le dinamiche senza le ideologie apparenti che renderebbero l’operazione propagandistica e pretenziosa. L’obiettivo è però riuscito solo in parte: i pochi elementi narrativi su cui si regge la trama funzionano bene ma sono originali solo all’inizio e alla fine, quando vengono mostrate dinamiche nuove (il matrimonio e il divorzio tra omosessuali; la scelta della libertà personale invece della relazione di coppia) che invece si perdono nella parte centrale. Le caratteristiche psicologiche del protagonista sono ben delineate così come il loro sviluppo verso un finale non scontato (anche se prevedibile), mentre i comprimari, funzionali all’alleggerimento del tono generale, fanno la loro parte senza particolari guizzi. Fa eccezione Eduardo Valdarnini il cui carismatico personaggio vive segretamente una situazione drammaticamente reale, molto diffusa e il cui esito tragico lascia troppe domande aperte. Considerati i presupposti iniziali e visto il giovane e volenteroso cast, era lecito aspettarsi qualcosa che desse maggiore spessore all’intera operazione che invece, preferendo raggiungere un pubblico ampio e variegato, ha sacrificato riflessioni più profonde che sarebbero state certo più complesse ma anche più interessanti.
Una scrittura semplice ma efficace (la sceneggiatura è stata realizzata dai registi insieme a Giuseppe Paternò Raddusa) è il punto di partenza per una pellicola che vorrebbe rompere gli stereotipi sul mondo LGBT+ e raccontarne le dinamiche senza le ideologie apparenti che renderebbero l’operazione propagandistica e pretenziosa. L’obiettivo è però riuscito solo in parte: i pochi elementi narrativi su cui si regge la trama funzionano bene ma sono originali solo all’inizio e alla fine, quando vengono mostrate dinamiche nuove (il matrimonio e il divorzio tra omosessuali; la scelta della libertà personale invece della relazione di coppia) che invece si perdono nella parte centrale. Le caratteristiche psicologiche del protagonista sono ben delineate così come il loro sviluppo verso un finale non scontato (anche se prevedibile), mentre i comprimari, funzionali all’alleggerimento del tono generale, fanno la loro parte senza particolari guizzi. Fa eccezione Eduardo Valdarnini il cui carismatico personaggio vive segretamente una situazione drammaticamente reale, molto diffusa e il cui esito tragico lascia troppe domande aperte. Considerati i presupposti iniziali e visto il giovane e volenteroso cast, era lecito aspettarsi qualcosa che desse maggiore spessore all’intera operazione che invece, preferendo raggiungere un pubblico ampio e variegato, ha sacrificato riflessioni più profonde che sarebbero state certo più complesse ma anche più interessanti.
