Guido Contini (Daniel Day-Lewis) è un celebrato regista in piena crisi professionale (e di mezza età): il suo film in pre-produzione, Italia, è praticamente bloccato sul nascere. A fare da eco alla sua profonda depressione, la galleria di figure femminili della sua esistenza: la madre (Sophia Loren), la musa ispiratrice (Nicole Kidman), la devotissima moglie (Marion Cotillard), la focosa amante (Penélope Cruz).

Risibile adattamento cinematografico del musical di Broadway ideato nel 1981 (e ispirato all' 8 ½ di Fellini, 1963), da Mario Fratti e Arthur Kopit con musiche e testi di Maury Yeston, Nine è un fallimentare agglomerato di stereotipi, idiozie ultrakitsch e caricature colorate. A causa di una sceneggiatura francamente idiota – firmata da Michael Tolkin e Anthony Minghella – e di un bestiario delle vanità e dei luoghi comuni dell'Italia della Dolce Vita (posto che qui, di felliniano, c'è veramente poco), il regista e coreografo Rob Marshall perde il controllo del suo film, che finisce impietosamente in una deriva di irrimediabili baggianate. Persino gli attori recitano male: Day-Lewis lavora di metodo ma non è Mastroianni (e, in questo caso, non ha nemmeno il carisma di Raul Julia, che portò originariamente il ruolo di Guido a Broadway) né dispone di doti canore eccellenti. Allo stesso modo, il comparto femminile di dive glamour non funziona praticamente mai. Atterrisce la candidatura all'Oscar come non protagonista per la grottesca performance della Cruz. Disastro ai botteghini.
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