Non lasciarmi
Never Let Me Go
Durata
103
Formato
Regista
Kathy (Carey Mulligan), Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley) sono tre alunni di Hailsham, un particolarissimo collegio immerso nella campagna inglese e completamente isolato dal mondo esterno. Ben presto viene chiarita la funzione svolta dalla struttura, in realtà un campo di cloni creati in laboratorio per avere sempre a disposizione organi da donare agli essere umani: i tre intraprenderanno un viaggio per dimostrare di possedere un'anima e di non essere semplicemente carne da macello.
Tratto dal romanzo omonimo di Kazuo Ishiguro e adattato per il grande schermo da Alex Garland, un film con cui Mark Romanek torna al lungometraggio a otto anni di distanza da One Hour Photo (2002) e dimostra una certa fedeltà al materiale di partenza, tratteggiando il fascino inizialmente bucolico e il gusto fantascientifico di carattere inquietante, per arrivare a un'indagine di stampo distopico in cui è impossibile non citare l'influsso di un'opera monumentale come il Blade Runner (1982) di Ridley Scott (così come del suo autore, Philip K. Dick, noto estimatore e fruitore delle tradizioni orientali). La clonazione e la condanna che i protagonisti devono scontare nelle loro brevi vite non è altro che un pretesto, non per una critica contro la società annebbiata da un complesso di onnipotenza, bensì per un discorso molto più poetico e spirituale: quanto siamo disposti a sacrificare pur di raggiungere quel traguardo cui tutti tendiamo? Una volta raggiunto, sapremo riconoscerlo? Domande ambiziose che Romanek azzarda coraggiosamente, lanciando una sorta di sfida allo spettatore e raccontando una storia d'amore iniziata con l'anima ancor prima che coi sensi; alcuni snodi rimangono leggermente irrisolti e qualche passaggio sa di maniera, ma il coinvolgimento è alto e la parte conclusiva emozionante al punto giusto.
Tratto dal romanzo omonimo di Kazuo Ishiguro e adattato per il grande schermo da Alex Garland, un film con cui Mark Romanek torna al lungometraggio a otto anni di distanza da One Hour Photo (2002) e dimostra una certa fedeltà al materiale di partenza, tratteggiando il fascino inizialmente bucolico e il gusto fantascientifico di carattere inquietante, per arrivare a un'indagine di stampo distopico in cui è impossibile non citare l'influsso di un'opera monumentale come il Blade Runner (1982) di Ridley Scott (così come del suo autore, Philip K. Dick, noto estimatore e fruitore delle tradizioni orientali). La clonazione e la condanna che i protagonisti devono scontare nelle loro brevi vite non è altro che un pretesto, non per una critica contro la società annebbiata da un complesso di onnipotenza, bensì per un discorso molto più poetico e spirituale: quanto siamo disposti a sacrificare pur di raggiungere quel traguardo cui tutti tendiamo? Una volta raggiunto, sapremo riconoscerlo? Domande ambiziose che Romanek azzarda coraggiosamente, lanciando una sorta di sfida allo spettatore e raccontando una storia d'amore iniziata con l'anima ancor prima che coi sensi; alcuni snodi rimangono leggermente irrisolti e qualche passaggio sa di maniera, ma il coinvolgimento è alto e la parte conclusiva emozionante al punto giusto.