Davide (Davide Capone) è un adolescente timido, androgino e omosessuale. Il padre (Vincenzo Amato) vuole farne un uomo vero, la madre cieca (Micaela Ramazzotti) vorrebbe solo tenerlo con sé. Lui fuggirà, per unirsi a una corte dei miracoli di travestiti e sbandati della città, pronto a trovare se stesso.

Ambientando il film in una Catania quasi fantasmagorica, praticamente assente nelle vicende del racconto, il regista esordiente Sebastiano Riso si ispira alle vicende della trans Davide Fuxia per diluire, in un tempo non definito, una storia di intenso dolore e violenza mentale, brutalmente fisica. Il risultato, però, è frammentario e incauto: Risi mira in alto, e strizza l'occhio a Truffaut e Pasolini, ma la bildung che filma non è sempre credibile, si concede parentesi smielate e non scava troppo a fondo nella psicologia dei personaggi. Il giovane regista siculo (classe 1983) vuole raccontare una storia “universale”, ma sciupa il bacino potenzialmente queer di una città come Catania e si ferma alla polemica, alla politica, all'urlo. Non ha ancora la forza di poterlo fare con pertinenza. Presentato in concorso alla Sessantasettesima edizione della Semaine de la Critique al Festival di Cannes.
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