Red Dust

Sudafrica. Per ottenere l'amnistia a fine apartheid, il poliziotto Dirk (Jamie Bartlett) si confronta con l'ex attivista e ora membro del parlamento Alex Mpondo (Chiwetel Ejiofor), che si oppone alla richiesta dell'uomo, e lo invita a chiarire le sue posizioni in merito alla sparizione di un suo ex compagno di guerriglia. Ad assistere Mpondo è chiamata l'avvocatessa Barcant (Hilary Swank), che arriva da New York ma che ha un passato fortemente legato al Sudafrica.

Dimenticabile esordio nel lungometraggio di fiction per il britannico Tom Hooper, che avrebbe vinto l'Oscar alla regia, nel 2010, grazie a Il discorso del re; Red Dust rappresenta un debutto infelice, un pasticcio confuso e melenso ispirato all'omonimo romanzo della sudafricana Gillian Slovo, tra aule di tribunale, intrighi, attivismi, rigetti da apartheid e claudicanti relazioni tra i personaggi. Un film didascalico e inutile, che annoia su più punti, è vittima di una regia incerta e non rende onore ai tre protagonisti, che tuttavia dimostrano un certo talento: soprattutto Chiwetel Ejiofor, ma si difendono bene anche Bartlett e l'avvocatessa Swank. Non basta, però.