Fine anni '80. Nell'East Village di New York, si intrecciano le vite di otto giovani artisti alle prese con delusioni d'amore, droghe, povertà e il dilagare dell'AIDS.

Trasposizione cinematografica dell'omonimo musical teatrale di Jonathan Larson, a sua volta liberamente basato su La bohème di Giacomo Puccini, Rent è una pellicola che, con alla base una regia più inventiva e personale, avrebbe potuto essere un piccolo gioiello. Chris Columbus, forte del successo di Harry Potter e la pietra filosofale (2001) e Harry Potter e la camera dei segreti (2002), prova a portare sullo schermo una vicenda frammentata e ricca di situazioni differenti, ambientata in spazi chiusi che risentono pesantemente di una matrice teatrale dalla quale il regista non riesce a svincolarsi. Il sobborgo metropolitano, per nulla credibile, è abitato da macchiette che si muovono senza spontaneità in un contesto troppo costruito a tavolino. Sei degli otto ragazzi sono gli stessi interpreti che portarono in scena con successo il musical a Broadway. Fortunatamente la musica riesce a regalare qualche emozione, ma l'assenza di respiro cinematografico è evidente.
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