Budapest, Seconda guerra mondiale. Travolto dalla tragedia del conflitto e dall'avvento del nazismo, il giovane ebreo Köves (Marcell Nagy) viene deportato in un campo di concentramento. Tra violenza, soprusi e aberrazioni, dovrà imparare a sopravvivere, facendo i conti con il proprio destino.

Esordio al lungometraggio per l'ex direttore della fotografia Lajos Koltai, che si ispira al romanzo Essere senza destino di Imre Kertész (anche sceneggiatore) e confeziona un dramma a sfondo storico dalle ambizioni quasi metafisiche nel rappresentare il dolore individuale che si fa sofferenza universale. Le premesse, ancorché usurate, sono potenzialmente interessanti e la raffigurazione di una quotidianità insostenibile per i prigionieri non è esente da tocchi originali; ma lo stile rasenta il didascalismo e il fiume di retorica che innerva l'operazione risulta spesso fastidioso. Opera prima coraggiosa, comunque, nella volontà di tratteggiare un orrore irrappresentabile. Daniel Craig è un soldato americano; musiche di Ennio Morricone. Presentato in concorso al Festival di Berlino.
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