I tempi felici verranno presto
Durata
102
Formato
Regista
Due giovani di cui non sappiamo nulla sono in fuga sulle montagne, fino a un tragico incontro, in un passato indefinito, probabilmente durante la Seconda Guerra Mondiale. Tornati nella contemporaneità alcune persone raccontano una vecchia storia di paese che ha come protagonista una ragazza e un lupo, poi una giovane donna che gestisce un'azienda agricola si avventura nei boschi e incontra uno dei ragazzi della prima parte che misteriosamente ritroviamo in prigione nel finale.
Il secondo lungometraggio di Alessandro Comodin, anche operatore e montatore oltre che regista e sceneggiatore, è un progetto ambizioso costituito da poche parole e molte immagini, girato al di fuori di schemi narrativi prestabiliti e libero da vincoli, dove viene ribadito l'attaccamento dell'autore friulano al territorio e alla natura. Il pubblico è privo di ogni indicazione su ciò che accade ed è invece invitato a immergersi, come i protagonisti, nella foresta o nello stagno, oppure a calarsi verso l'ignoto in una stretta buca del terreno che si trasforma in una caverna per accedere a un'altra dimensione come se fosse Alice nel paese delle meraviglie, senza il bisogno di una spiegazione razionale. Anche concedendo questa dimensione fiabesca e surreale, la connessione tra le due epoche e i due personaggi risulta forzata e artificiosa, inutilmente oscura e labirintica, e anche lo spettatore più volenteroso si trova trasportato in una zona d'ombra troppo difficile da attraversare senza un racconto plausibile, delle coordinate minime ed una riflessione conclusiva, costretto a fare affidamento esclusivamente sulle proprie sensazioni e intuizioni. Presentato alla Semaine de la critique del Festival di Cannes 2016.
Il secondo lungometraggio di Alessandro Comodin, anche operatore e montatore oltre che regista e sceneggiatore, è un progetto ambizioso costituito da poche parole e molte immagini, girato al di fuori di schemi narrativi prestabiliti e libero da vincoli, dove viene ribadito l'attaccamento dell'autore friulano al territorio e alla natura. Il pubblico è privo di ogni indicazione su ciò che accade ed è invece invitato a immergersi, come i protagonisti, nella foresta o nello stagno, oppure a calarsi verso l'ignoto in una stretta buca del terreno che si trasforma in una caverna per accedere a un'altra dimensione come se fosse Alice nel paese delle meraviglie, senza il bisogno di una spiegazione razionale. Anche concedendo questa dimensione fiabesca e surreale, la connessione tra le due epoche e i due personaggi risulta forzata e artificiosa, inutilmente oscura e labirintica, e anche lo spettatore più volenteroso si trova trasportato in una zona d'ombra troppo difficile da attraversare senza un racconto plausibile, delle coordinate minime ed una riflessione conclusiva, costretto a fare affidamento esclusivamente sulle proprie sensazioni e intuizioni. Presentato alla Semaine de la critique del Festival di Cannes 2016.