Tiramisù
Durata
95
Formato
Regista
Antonio Moscati (Fabio De Luigi) è un gentile ma dimesso rappresentante di prodotti farmaceutici che non riesce ad affermarsi nel suo settore. La chiave per il successo è l’impagabile tiramisù della moglie Aurora (Vittoria Puccini), che sedurrà medici e personaggi importanti della sanità romana favorendo la scalata di Antonio, ma anche il suo cambiamento da timido perdente a cinico vincente.
Regista, protagonista, sceneggiatore: Fabio De Luigi, da tempo animato da manie di grandezza poco consone alla sua dimensione di intrattenitore, per il suo esordio dietro la macchina da presa non lascia spazio ad altri e si cuce letteralmente addosso una commedia su misura. E, come prevedibile, sbaglia, fornendo un ritratto dell'italiano medio che vorrebbe ispirare inizialmente simpatia e favorire l’identificazione per poi trasformarsi nel nemico della “brava gente”, quell’arraffone spietato che tutti detestiamo ma che, in fondo, vorremmo essere. La sceneggiatura è infarcita di cliché e personaggi-macchietta irritanti, come il fratello di Aurora (Angelo Duro), eccessivo e fastidioso, e a nulla serve il recupero di un senile Pippo Franco nel ruolo di un maturo medico, forse un tentativo malriuscito di strizzare l’occhio alla commediaccia scollacciata anni '70. Noioso, mai divertente (nonostante gli sforzi di strappare a tutti i costi una risata), scontato e tutto sommato inconcludente: l’ambizione del protagonista-regista si scontra impietosamente con la mancanza di talento. Sciatto e destinato a cadere presto nel dimenticatoio.
Regista, protagonista, sceneggiatore: Fabio De Luigi, da tempo animato da manie di grandezza poco consone alla sua dimensione di intrattenitore, per il suo esordio dietro la macchina da presa non lascia spazio ad altri e si cuce letteralmente addosso una commedia su misura. E, come prevedibile, sbaglia, fornendo un ritratto dell'italiano medio che vorrebbe ispirare inizialmente simpatia e favorire l’identificazione per poi trasformarsi nel nemico della “brava gente”, quell’arraffone spietato che tutti detestiamo ma che, in fondo, vorremmo essere. La sceneggiatura è infarcita di cliché e personaggi-macchietta irritanti, come il fratello di Aurora (Angelo Duro), eccessivo e fastidioso, e a nulla serve il recupero di un senile Pippo Franco nel ruolo di un maturo medico, forse un tentativo malriuscito di strizzare l’occhio alla commediaccia scollacciata anni '70. Noioso, mai divertente (nonostante gli sforzi di strappare a tutti i costi una risata), scontato e tutto sommato inconcludente: l’ambizione del protagonista-regista si scontra impietosamente con la mancanza di talento. Sciatto e destinato a cadere presto nel dimenticatoio.