L'epidemia di rabbia che ha devastato la Gran Bretagna sembra debellata e la ricostruzione può cominciare. Tra i sopravvissuti c'è Don Harris (Robert Carlyle), costretto ad abbandonare la moglie Alice (Catherine McCormack) durante un attacco dei contagiati. Quando però la donna viene trovata ancora in vita e trasportata all'interno della zona di quarantena, si scoprirà che è una portatrice sana del virus.

Danny Boyle, regista di 28 giorni dopo (2002), veste qui i panni di produttore esecutivo, affidando la regia allo spagnolo Juan Carlos Fresnadillo. Un film meno politico del suo predecessore ma più efferato e, quindi, inevitabilmente più banale. La confezione è assimilabile a quella di un horror canonico, contraddistinta da una regia frenetica che fatica a ottenere un buon risultato. Tecnicamente discreta, la pellicola si perde con il passare dei minuti dopo un avvio scioccante, smarrendo il velato aspetto di critica sociale e abbandonando quasi completamente la componente orrorifica rappresentata dagli zombi. Bene Robert Carlyle, in preda a raptus peggiori di quelli di Francis in Trainspotting (1996). Ruffiana con i suoi occhioni la (praticamente) esordiente Imogen Poots. Buon successo di pubblico.
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