La vita di Antonio Vieira (Ricardo Trêpa da giovane, Luis Miguel Cintra da adulto, Lima Duarte da anziano), predicatore gesuita del XVII secolo, perseguito dall'Inquisizione spagnola. Si schierò contro la schiavitù degli indios brasiliani e proprio in Brasile terminerà la propria esistenza.

Padre Vieira è una delle figure cardine della cultura portoghese e il suo pensiero ha indubbiamente accompagnato buona parte delle pellicole di Manoel de Oliveira (viene persino citato in No, o la folle gloria del comando del 1990 e in Viaggio all'inizio del mondo del 1997). Arrivato a 92 anni, il regista decide così di dedicargli un intero lungometraggio in cui far emergere la sua filosofia e le sue riflessioni utopiche e antropologiche. Un biopic decisamente anticonvenzionale, in cui la parola conta più delle immagini, dove il coinvolgimento è piuttosto basso ma in cui il pensiero di Vieira s'insinua sottopelle nello spettatore durante la visione. È un film ostico e rigidissimo, impeccabile nella forma e intellettuale nei contenuti, non semplice da approcciare e ancor più difficile da apprezzare in toto. Ma chi accetta le sue regole (ed è dotato di una buona dose di pazienza) verrà premiato: al termine dei titoli di coda rimane tanto su cui ragionare e le riflessioni portate avanti (che spaziano dalla Politica al Potere, passando per la Giustizia) sono tutt'altro che banali. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia.
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