La vita di alcuni lavoratori di Bamako che cercano migliori condizioni contrattuali nella fabbrica in cui lavorano.

L’opera seconda di Cissé, sceneggiata durante il suo incarceramento dovuto al suo precedente film, è un altro dramma sociale di grande realismo. Salvo l’enigmatico incipit, infatti, la regia accompagna quasi invisibile i suoi protagonisti. Da un capo d’azienda poco interessato ai suoi dipendenti, a un sindacalista che cerca di migliorare la vita dei suoi colleghi. Al centro, un ragazzo che lavora come facchino per le strade della città, e il cui sguardo ingenuo scopre le storture di una società approfittatrice dei suoi membri più poveri. Il coraggio non manca a Cissé, e il Mali che racconta è sempre complesso e sfaccettato, lontano da manicheismi semplificatori. La sua regia è qui, però, più anonima rispetto al film precedente e a tutti i successivi. Forse proprio per mantenere il massimo realismo, mette un po’ da parte la sua autorialità. Il risultato è comunque di buon livello e gli fu riconosciuto sia il primo premio al festival di Ouagadougou che il premio della giuria a Locarno.
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